Regia di Uberto Pasolini vedi scheda film
Uberto Pasolini è un regista italiano, fra l'altro appartenente per parte di madre alla dinastia dei Visconti di Modrone, dunque pronipote del grande Luchino, che da molti anni vive in Inghilterra dove è stato anche produttore di film di successo come "Full monty", e da alcuni anni si dedica alla regia, finora con tre lungometraggi di cui "Nowhere special" è il più recente. Pasolini sembrerebbe avere una predilezione per il tema della morte, che già aveva una grossa importanza in "Still life" e torna centrale in "Nowhere special", dove un giovane padre single condannato da una malattia incurabile cerca una famiglia affidataria per il suo bambino di quattro anni. Si tratta di un film ambientato a Belfast in Irlanda del Nord, per quanto venga dato poco rilievo al luogo in sé e venga suggerito il carattere universale della vicenda e dei sentimenti che animano soprattutto il padre; alcune notazioni sociologiche trapelano, tuttavia, dalle diverse sequenze in cui il padre si reca insieme al figlio a visitare le possibili famiglie per l'adozione e ci vengono esposte le loro vicende, spesso con difficoltà di ordine personale o lavorativo. Il film può essere definito una cronaca schietta e poco incline al sentimentalismo, quasi sempre sobrio nei modi scelti da Pasolini per rappresentare il dramma di questo personaggio che si trova solo contro il mondo, condannato da un destino crudele; alcune scene possono indurre alla commozione o al pianto, è inevitabile, ma è difficile fare rimproveri in questo senso alla sceneggiatura o alla stessa regia. Molto valido il contributo del protagonista James Norton che regge con bravura i primi piani e non eccede mai nella gestualità o nella dizione; incredibile l'apporto del piccolo Daniel Lamont, un bambino di soli quattro anni che è stato diretto con sensibilità, delicatezza e precisione dal regista. Tuttavia, devo in conclusione annotare che, pur avendo esposto finora praticamente solo annotazioni positive, il film mi è piaciuto abbastanza ma non mi ha suscitato un'impressione davvero forte, forse perché lo stile delle riprese mi ha ricordato un po' troppo Ken Loach o anche i Dardenne, forse perché il soggetto risulta arduo e, pur nel palese sforzo di rifuggire dalle scorie patetiche e melodrammatiche, alla fine manca qualcosa in termini più propriamente emotivi. Comunque un buon risultato, certamente coraggioso.
Voto 7/10
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