Regia di Gary Ross vedi scheda film
L’obiettivo polemico è chiaramente definito: il conformismo sociale USA anni ’50, il suo razzismo neanche troppo strisciante, il tutto concentrato nella cittadina immaginaria di Pleasantville, dove ogni cosa sembra perfetta (ottima l’idea del pallone che centra sempre il canestro, da qualunque posizione si tiri). In questo microcosmo chiuso e autarchico, con il pretesto narrativo della soap tv in b/n, si infiltrano due ragazzi dei giorni nostri (fratello e sorella) e ne scalzano le fondamenta: cose e persone iniziano a prendere colore, i giovani scoprono l’esistenza del sesso, alcuni adulti scoprono persino quella dell’amore (Joan Allen e Jeff Daniels sono toccanti). Fino a qui tutto funziona bene, ma poi si perde un po’ la coerenza narrativa: il giovane che aveva scoperto per primo i colori (una rosa rossa) si ritrova dalla parte di quelli che se la prendono con i “colorati” (nell’originale “colored” ha ovviamente una connotazione razziale), l’ochetta che pensava solo al sesso si appassiona alla lettura e decide di proseguire gli studi; cambiamenti che non vengono ben motivati. Il finale prende la via più accomodante: la “colorazione” del capo avversario, il ritorno al presente e l’accettazione dei suoi problemi. E ambigua resta l’ultima inquadratura, con la donna che non si sa quale dei due uomini sceglierà, mentre risuona Across the universe (“Nothing’s gonna change my world”, niente cambierà il mio mondo). Resta il rammarico per una bella occasione parzialmente sprecata.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta