Regia di Don Siegel vedi scheda film
Il significato che spesso si dà all’espressione “film di mestiere” sottintende quel genere di film che,nell’evitare di farsi cinema colto,griffato,raggiunge una particolarità talvolta più ispirata,più matura del film d’autore:e Contratto per uccidere è sicuramente un film di mestiere,che vede in campo professionisti quasi sempre coinvolti in queste storie,ma con la sgradevole sensazione che può dare questa accezione quando suona come operazione alimentare.
Questa pesante sensazione non ci abbandona dal primo fotogramma fino all’ultimo,come se fosse stato realizzato con i raccordi scartati da altri film più riusciti,e pronto per una qualsiasi serata di intrattenimento televisivo;il che forse in sé non costituirebbe un difetto,se non ci fossero facce a noi troppo care.
Il tema bellissimo dell’uomo che si lascia uccidere perché ormai già devastato,quindi un morto in vita,consumato dal fallimento della passione che non procede nella violenza della sua espressione,della sua realtà,e del giustiziere doppiogiochista che tesse la ragnatela nella egli stesso perirà,non avrebbe potuto avere due personalità più aderenti e allarmanti di Lee Marvin e John Cassavetes(difficile dire chi ammiriamo di più) di cui attendiamo invano un brillante confronto che il film ci nega e si nega.
Tutto lo sviluppo del film va avanti più grazie ad una serie di imbarazzanti smargiassate,di ricalchi inutili di situazioni già viste che se in altri film venivano cucite in modo tale da non avvertire i difetti di verosimiglianza che questo genere di film portano sempre con sé,qui emergono quasi svogliatamente,per l’insufficienza del rigore con cui Siegel ce le presenta.
Un film che già all’epoca doveva apparire vecchio,in cui il cast notevolissimo(con la gioia degli occhi per le apparizioni assai smaltate di Angie Dickinson) non si sostiene a vicenda,non instaura nessuna complicità, e di conseguenza ne risulta azzoppata la passione a cui non crediamo neanche un po,e la tensione condotta in modo stanco,con una serie di scena d’azione che sembrano un bignami di quelle che Siegel,altrove,ha diretto con più polso e più sangue;a questo si aggiunga l’immancabile,e qui proprio stonata,dose di misoginia che in Siegal ha sempre acquistato il valore non certo encomiabile del marchio di fabbrica.
Tuttavia,Contratto per uccidere non si può completamente bocciare,proprio perché qua e là resiste il ricordo dei risultati migliori di tutto il cast,nonostante scorra senza vere trovate,e senza la ferma lucidità che occorre,questa di bellicosi individui che hanno come unica professione quella di scrivere da soli la propria condanna a morte.
Del tutto inadeguato,granitico e poco credibile per l'ambiguità che il suo ruolo richiedeva.La recita della politica riuscì sicuramente meglio
I pochi momenti in cui brilla qualche barlume di sincerità si devono a lui,alla sua umanissima perplessità,al suo sconvolgimento affranto e al suo assenso davanti alla morte. Anche se spesso fa capire di essersi divertito poco.
Non irraggiungibile ed eterea come un'eroina di Hitchcock,nè banalmente teneborsa come la dark lafies dal fiato corto,elegante eppure palpabile,avvicinabile,non assecondata dalla pigrizia della sceneggiatura.
Il notevole senso di spreco che si avverte riguarda lui,oltre che Cassavetes,perchè veniamo privati del suo modo sopraffino di umanizzare i criminali,della sua malinconia nascosta sotto lo sguardo e l'incedere perentorio,diseducato ad ogni ammiccamento e facile seduzione.
Distratta ma non immeritevole prova,debitrice,pur nella sua sostanziale afasia,della tradizione del gangster movie riscritta con mano meno ferma e meno convinta
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