Regia di Don Siegel vedi scheda film
Un film sopravvalutato, che si lascia vedere e in parte apprezzare se non si è mai visto I gangsters, di cui è uno scadente remake, fiacco e banalizzato in tutti i cambi operati rispetto all'originale. I flash-back sono impostati meccanicamente in ordine cronologico della vicenda, per evitare fatiche mentali allo spettatore, a scapito della logica della ricerca, che invece dovrebbe procedere a tentoni ma risalendo indietro a partire dagli ultimi momenti dell'uomo che si è lasciato uccidere, per arrivare alla cocente delusione d'amore e alle immagini della cinica donna fatale a causa della quale lui "era già morto". Anche il colore è banale e sgradevole; inutili continue corse in auto; dialoghi insulsi, soprattutto quelli con la donna fatale che lo seduce irresistibilmente con comportamenti e dialoghi da collegiale che recita la parte di donna fatale in una filodrammatica del primo dopoguerra. Fa acqua da tutte le parti anche la vicenda, psicologicamente assurda; è vero che la mente umana è imprevedibile e può offrire qualunque tipo di comportamento, ma si deve mettere a tema la stranezza o giustificarla nei singoli casi: non si può proporre come normale un boss violento, ricco, potente e senza scrupoli, che permette che la propria donna lo lasci per seguire di volta in volta dei capricci momentanei, toreri o boxeur o corridori automobilisti, e che ogni volta se la riprenda senza una piega, né la sua cinica e interessata donna che lo lascia a quel modo e senza motivo, andando a cercare e sedurre sconosciuti per poi fregarli, senza vantaggio per nessuno. Quanto ai killers del titolo originale, che conducono l'indagine, il più anziano dei due inizia la ricerca per trovare il malloppo e mettersi a riposo, ma conclude dicendo che questo non lo interessa e che vuole solo capire, senza che nulla nel frattempo abbia segnalato una sua maturazione psicologica e indicato il cambio di interesse: appare abile, freddo, intelligente, ma considera abile e intelligente il suo socio cretino e brutale, buono solo a far ridere un pubblico di bocca buona. Tutto è reso, contemporaneamente, banale ma inverosimile, anche con distrazioni inutili, come il fatto che i due soci fregati non abbiano mai cercato di trovare il presunto colpevole, mentre non si dice come l'abbia trovato il vero imbroglione; nel racconto della donna non può risultare che il fuggiasco ferito e nascosto ascolta il dialogo fra i due inseguitori. Non si capisce come lo stesso regista abbia poi saputo dirigere Chi ucciderà Charlie Varrick?, attento a molti dettagli, su cui si basa l'interesse e il successo del film. Di Giammatteo ne tenta una spiegazione nelle imposizioni dei produttori, ma non mi pare spiegazione sufficiente; mi sembra più verosimile che un modesto regista abbia per una volta trovato la strada giusta grazie anche a una buona sceneggiatura e a un attore felicemente adatto alla parte.
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