15ma Festa del Cinema di Roma 2020
All'inizio sembra una banale zuffa tra bimbi dell'asilo in cui - forse - Asato, il figlio di Satoko e Kiyokazu, ha fatto cadere in compagno dallo scivolo. Da qui parte un lungo flashback sull'adozione del bambino da parte della coppia, dopo la scoperta dei problemi di infertilità del marito, condotto con sguardo molto intimista sui passaggi anche dolorosi - la disillusione per non poter generare dei figli, la separazione del neonato dalla madre naturale.
È un film che gioca a carte coperte questo della Kawase, che non ti fa capire la direzione in cui ti conduce. Infatti a metà film arriva l'inattesa svolta narrativa: la sedicente madre biologica Hikari irrompe nella vita della famiglia con un ricatto: vuole indietro suo figlio o, in alternativa, del denaro, altrimenti rivelerà ad Asato ed ai vicini di casa tutta la verità. Da questa tentata estorsione si dipana il secondo flashback, che ci riporta all'adolescenza di Hikari, rimasta incinta di un compagno di scuola. Con grande tenerezza segue storia d'amore di ragazzini e lo scontro con la famiglia che decide di darlo in adozione, inviando la ragazza alla "Baby Baton", clinica-agenzia dove i coniugi preleveranno Asato.
Un'opera di fattura curata, di stile elegante ed armonioso e di grande sensibilità, tra le migliori della regista Naomi Kawase, discreta ma intensa nello scavare nell'intimità e ricca nella scrittura che tesse insieme tutti i diversi percorsi di vita che si intrecciano grazie a questa complicata genitorialità, un percorso gravido di sofferenza ma il cui esito è tuttavia caratterizzato da una serena accettazione della situazione familiare, spiegata con naturalezza anche al piccolo Asato.
Il finale gioca con la confusione delle identità che induce la madre adottiva a compiere una scelta spiazzante, la cui interpretazione è lasciata alla sensibilità dello spettatore. Io l'ho pensata motivata dal desiderio di permettere al figlio di costituire un legame con quella che lui conosce, dalla lettura di una missiva consegnatada madre a madre al tempo della sua nascita, come la "mamma di Hiroshima", perché tutte quelle che incontriamo in questa vicenda sono "vere madri".
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