Regia di Enzo Monteleone vedi scheda film
C’è un uomo, in Italia, in galera da circa trent’anni e con altrettanti da scontare. Si chiama Horst Fantazzini, ex rapinatore gentiluomo (rubava, con cortesia, l’indispensabile per vivere), anarchico per eredità (suo padre, Libero - goffamente impersonato da Francesco Guccini - è un simbolo della Resistenza) e sfigato a vita, poiché - senza mai uccidere nessuno - è riuscito ad accumulare tante di quelle primavere in gattabuia che neanche il suo quasi omonimo di nome e di sfortuna sarebbe stato in grado di ammucchiare in dieci film. L’abituale sceneggiatore Monteleone, alla sua seconda prova registica dopo “La vera vita di Antonio H”, ha scoperto su una bancarella il libro scritto dallo stesso protagonista, si è innamorato di quest’assurda storia e l’ha portata, con i soliti tentennamenti direzionali dei “registi per caso”, sullo schermo. La pellicola, tutta giocata in una fatidica giornata del luglio ’73, quando Fantazzini cercò inutilmente di scappare di prigione tenendo in scacco due guardie giurate, ambirebbe a “Quel pomeriggio di un giorno da cani”, ma ne fa solo il verso. Bravissimo, tuttavia, Stefano Accorsi. Da seguire, Emilio Solfrizzi, già rivelazione in “Matrimoni” della Comencini.
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