Regia di Francesco Bruni vedi scheda film
Bruno Salvati è un regista sulla cinquantina che sta divorziando dalla moglie, con cui pure ha un rapporto cordiale, e padre di due ragazzi adolescenti, maschio e femmina. Un giorno scopre in modo del tutto casuale di avere una forma di leucemia: inizia per lui un calvario clinico e psicologico.
Pare evidente fin da subito che ci sia qualcosa di autobiografico, nella storia di Cosa sarà: il protagonista è un regista e di nome fa Bruno, il richiamo al Francesco Bruni dietro la macchina da presa – e autore della sceneggiatura – è forte. Così è, naturalmente, sebbene le vicende di Bruno siano ampiamente romanzate rispetto a quelle vissute da Bruni, che ha vissuto il calvario della leucemia subito dopo l'uscita del precedente Tutto quello che vuoi (2017); a fare la differenza c'è l'aggiunta di elementi drammaturgici corposi come la sorella ignota o ampiamente didascalici (ma trattati comunque con i guanti) come i due figli che rappresentano le opposte anime del protagonista, quella seriosa, concentrata, e quella giocosa e disimpegnata. Sorprende poi la mancanza del brano eponimo di Lucio Dalla/Francesco De Gregori all'interno della pellicola; ma Cosa sarà doveva uscire al cinema nel marzo 2020 con il titolo di Andrà tutto bene e la pandemia di coronavirus ha imposto lo slittamento della pubblicazione, nonché il cambio di titolo all'ultimo momento, con quanto ne consegue. E sarebbe pure un ottimo film, intendiamoci: grave e poetico al tempo stesso, con argomenti della massima importanza adeguatamente esposti in modo delicato (le sequenze sul Bruno bambino, per es.); ma quel che davvero non si riesce a perdonare è la faciloneria con cui vengono trattati gli snodi logici principali della trama, cosa che risulta ancor più inspiegabile considerando che Bruni ha vissuto in prima persona un percorso simile a quello di Bruno. Com'è possibile, tanto per capirci, che nel giro di due (!) giorni una persona vada dal medico di base, faccia due (!) esami del sangue, abbia i due referti, prenda appuntamento da una primaria di oncologia e lo ottenga? E che la stessa primaria effettui due prelievi di midollo osseo senza prima sincerarsi di eventuali allergie dei donatori? E che il padre di Bruno non ricordi il nome della donna con cui ha avuto una figlia e che ha palesemente frequentato per parecchi anni? In particolare colpisce in negativo la constatazione del fatto che la realtà ospedaliera è molto, molto più miserabile di quella raccontata in Cosa sarà, e si può sopportare qualche semplificazione per andare incontro al pubblico, ma tutto questo è eccessivo. Mediamente riuscite le scelte di casting, con un Kim Rossi Stuart eccellente (anche se continua a parlare con tono basso e dimesso per tutto il film: va bene quando è debilitato dalla chemioterapia, ma... boh), un Giuseppe Pambieri bravissimo e del tutto fuori parte (il padre milanese che parla al figlio romano, con un'altra figlia toscana dall'accento capitolino che di tanto in tanto mette un “mi' babbo” per meglio mimetizzarsi) e ancora Lorenza Indovina, Fotinì Peluso, Barbara Ronchi e Nicola Nocella, altro plusvalore per l'opera. 5/10.
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