Regia di Francesco Bruni vedi scheda film
È di prassi affermare che puoi avere tutto quanto desideri ma se poi la salute ti abbandona, il resto perde inevitabilmente di significato. Chiaramente, al cospetto di una grave malattia, ti ritrovi di punto in bianco a camminare su un filo teso, pericolosamente sospeso sopra un buco nero che, nei momenti di maggiore difficoltà, è pronto a inghiottirti.
Trattasi di una fase delicata della vita, che nessuno vorrebbe mai affrontare, una dura battaglia che mette a tu per tu con la morte, facendo riconsiderare ogni cosa con occhi diversi, non solo al diretto interessato, ma anche a chi sta al suo fianco.
In Cosa sarà, Francesco Bruni rielabora quanto da lui vissuto quando una grave malattia lo colpì nel 2017, senza risparmiare i freddi numeri delle statistiche e la sofferenza provata sulla propria pelle, dimenandosi tra l’esperienza personale ed elementi romanzati.
In seguito a un banale incidente, Bruno Salvati (Kim Rossi Stuart), un regista che non ha mai cercato il facile consenso, scopre di essere affetto da una grave patologia, curabile esclusivamente mediante un intervento che richiede un donatore compatibile.
Dopo aver appreso che i suoi due figli – Adele (Fotinì Peluso) e Tito (Tancredi Galli) - non possono ricoprire questo ruolo, viene a sapere da suo padre (Giuseppe Pambieri) di avere una sorella (Barbara Ronchi). Questa scoperta, non solo gli dona un’inaspettata speranza ma gli consente anche di attribuire un senso compiuto ad alcuni fatti che hanno segnato indelebilmente la sua infanzia.
La carriera di Francesco Bruni come regista era partita con il botto grazie a Scialla!, ha conosciuto un’ingenerosa battuta d’arresto con Noi 4 e ripreso quota con il sorprendente passaparola di Tutto quello che vuoi. Con Cosa sarà continua un percorso autentico, che rifiuta di schiacciarsi su automatismi di comodo, sulle richieste dei produttori che vorrebbero sempre una risata gratuita in più e, magari, una riflessione in meno.
Dunque, riversa in immagini un vissuto provato in prima persona, tessendo un groviglio emotivo che spazia con indefessa perseveranza tra l’ambiente medico, la famiglia e il cinema, la fase acuta della malattia e quella precedente che rincorre disperatamente una soluzione, con incursioni che viaggiano nel passato remoto per completare il mosaico.
Una transizione viscerale che non lesina dettagli della parte più dolorosa, che snocciola picconate puntuali al sistema cinema italiano e quelle debolezze che, con tutte le differenze del caso, toccano ciascuno di noi, rimbalzando senza sosta da un punto all’altro.
Un tragitto impervio, dal baricentro felicemente ballerino, affrontato con successo grazie anche alla dedizione assoluta dell’attore protagonista, in una dimostrazione esemplare di quanto l’intesa instaurabile tra la mente (il regista e pensatore) e il braccio (chi, con il suo corpo, dà vita le idee) sia in grado di produrre risultati encomiabili. Di fatto, Kim Rossi Stuart agisce a tutto campo, spreme se stesso – sia fisicamente, sia psicologicamente - all’inverosimile, è convincente nella manifestazione dei tanti stati d’animo che è chiamato a dragare.
In conclusione, Cosa sarà è un composto dolceamaro, scontroso e toccante, che assembla più pezzi distinti senza portarsi appresso un paracadute, spronato da una sincerità incontaminata e un’emotività poliglotta, portatore di un discorso individuale e allo stesso tempo universale, con molteplici vesti e tappe specifiche, folate di incertezza e grumi di speranza, ansie a paure, giustamente dedicato a un collega che invece non ce l’ha fatta (Mattia Torre).
Esposto e vulnerabile.
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