Regia di Jesús Franco vedi scheda film
Spacciato come quinto capitolo della saga sui templari ciechi, La mansión de los muertos vivientes è un malriuscito tentativo di affiancare erotismo ed horror. Girato, in ristrettezze economiche, con il pilota automatico e interpretato da attori a dir poco fuori parte.
Uno dei manifesti del film, pressoché identico a una copertina di Oltretomba
Gran Canaria (Spagna).
Candy (Lina Romay), Mabel, Lea e Caty sono quattro turiste tedesche che hanno scelto quell'isola come destinazione per passare le vacanze. Arrivate all'albergo si accorgono però di essere le uniche ospiti, essendo deserta persino la spiaggia. Accolte da Carlos Savonarola, titolare dell'hotel, le ragazze vengono alloggiate in due separate camere. Di fatto, essendo coppie di lesbiche (ma all'occasione anche etero), risolvono a loro modo la noia che potrebbe essere indotta dalla sgradevole situazione. Dopo una notte di felici rapporti omosessuali, Lea decide di seguire le indicazioni del giardiniere e recarsi a scattare foto ad un limitrofo monastero abbandonato. Non farà più ritorno, dato che all'interno dell'abbazia alcuni cadaveri scheletrici sono misteriosamente tornati in vita. Condannati da una strega di nome Irina (della quale Candy ne è la reincarnazione), per averla impalata ed arsa viva, i monaci sono destinati a compiere sacrifici umani, vittime le ragazze che alloggiano nell'hotel, spesso colpevoli di cedere facilmente ai piaceri della carne.
Ha un bel che dire (*), Jesús Franco, di non essersi ispirato alla quadrilogia di Amando de Ossorio: ma qui i templari ciechi c'entrano (a livello di ispirazione) eccome, tanto che in alcuni paesi è stato rilasciato come il quinto capitolo della saga. Nel senso che l'intenzione del regista è quella di accodarsi al successo dei "resuscitati ciechi", girandone un apocrifo sporcaccione, dove i ritornanti (che qui però ci vedono e indossano un saio con cappuccio bianco) non disdicono di purificare le fanciulle, stuprandole prima di ucciderle. A cosa si riferisca Franco (regista ma anche sceneggiatore) nelle dichiarazioni riportate in nota, resta un mistero: di fantasmi e spavento, in oltre novanta minuti di film, non v'è minima traccia. La maggior parte del girato riguarda amplessi omoerotici al femminile, realizzati senza troppa grazia e con una Lina Romay, appena 28enne (il film è stato realizzato nel 1982), irriconoscibile per quanto fisicamente in precoce declino.
Personaggi irreali (la prigioniera di Carlos, Olivia, felice di stare incatenata) e monaci che indossano maschere carnevalesche a forma di teschio, non contribuiscono a rendere migliore il prodotto, affossato anche da recitazioni imbarazzanti e una carenza di budget che impone di girare (male) un paio di delitti, espressi fuori campo. Ancora peggio se l'attenzione si sposta ai dialoghi, scritti in maniera talmente scadente da finire più spesso nel grottesco. Ci si ricorda delle scene iniziali, caratterizzate dal continuo fischiare del vento, e capaci di creare un clima di attesa che verrà puntualmente tradita in breve tempo, a causa della ristrettezza economica di una produzione meschina, di una storia ben poco ispirata e di una regia distratta e anonima da "buona la prima".
Lina Romay
(*) "La mansión de los muertos vivientes è una storia templare estranea ai film di Amando de Ossorio. È un film horror ambientato in un convento infestato dai fantasmi, nel quale accadono cose demoniache durante certe notti." (Dichiarazioni di Franco ad Alain Petit, pubblicate su Cine-Zine-Zone 122 - fonte: Wikipedia)
"Non nobis Domine, non nobis, sed nomini tuo da gloriam - Non a noi, o Signore, non a noi, ma al tuo nome dà gloria".
(Motto dei Cavalieri templari dell'Ordo Templi)
F.P. 09/02/2020 - Versione visionata in lingua tedesca (durata: 92'53")
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