Regia di Abel Ferrara vedi scheda film
I tarocchi, inizialmente sparsi alla rinfusa, diventano infine le immagini di un album da sfogliare. Così le icone si nobilitano quando, da bizzarri personaggi di uno sconnesso teatrino, si trasformano nei punti interrogativi di una storia sospesa, alla disperata ricerca di un significato. La prima parte di questo film sembra la minuta di un’estemporanea cronaca dei fatti, che solo tardivamente, nella seconda parte, riflette sulla possibilità di dare vita ad un romanzo. Le figurine sottovuoto che, inizialmente, si aggirano incerte in un ambiente cinematografico più deserto che rarefatto, scoprono solo poi, retrospettivamente, le proprie potenzialità di soggetti psicologici ed elementi narrativi. In quest’opera Abel Ferrara, inspiegabilmente, fa dell’allusione e dell’incompiutezza un trastullo fine a se stesso, che rinunciando a darsi un senso, deve fare a meno anche della ricercata eleganza tipica di una certa ambiguità da noir. La sua regia concepisce infatti l’ermetismo come un’artificiosa costrizione, che incapsula gli attori obbligandoli a interpretare il loro ruolo come una difficile sfida contro il nulla. Christopher Walken e Asia Argento sembrano impegnati in un provino surreale, che impone al primo un’affettazione dal vago alone simbolico, alla seconda un’espressività dimessa che malamente ricalca la tristezza della donna perduta. La letteratura rimane sullo sfondo, ridotta ad un contenitore di spunti e di rimandi, che transitano sulla vicenda come sibillini oracoli: New Rose Hotel rimane così uno spettacolo di ombre, privo di spessore e di struttura, che non rispetta la consequenzialità e la prospettiva, ma si accontenta di rappresentare da lontano un’idea di massima, una situazione immaginaria, ma forse emblematica, di un mondo moderno profondamente in crisi.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta