Regia di Antonio Pisu vedi scheda film
Nel dicembre del 1989, Pago, Rice, Bibi, tre ragazzi romagnoli, partono a bordo della loro vettura alla volta dell'Europa dell'Est. Ognuno con le sue idee ed i suoi progetti, sono accomunati dall'entusiasmo giovanile e la sete di avventura in nazioni delle quali non si sa molto. Giungono a Budapest, ma apprendono, con un po' di disappunto, che la frontiera con l'Austria è ormai aperta. Un'occasione per rendere più interessante il viaggio è offerta dal contatto con un cittadino rumeno espatriatio, che chiede ai tre di trasportare a Bucarest una valigia. I protagonisti attraversano una Romania sofferente a causa della dittatura di Ceausescu, poco prima della breve ma cruenta sollevazione che condusse alla fine del regime, per consegnare, dopo mille peripezie, l'oggetto ai destinatari. Il film racconta con plausibile fedeltà le condizioni di vita nella nazione dell'Europa dell'Est. Parla di scarsità e bassa qualità di generi di prima necessità - farli giungere dall'estero era quasi impossibile - e di un controllo, discreto ma onnipresente, da parte polizia politica (la Securitate). Parla di un popolo povero di beni materiali, ma ricco di dignità e legato alla propria terra. La sensazione di disagio è amplificata dalla rappresentazione della Romania. Sia le campagne, sia la città di Bucarest appaiono tristi, grigie ed umide; gli edifici di colori smorti, gli interni essenziali e decisamente retrò, gli indumenti delle persone e le vetturette Dacia, agli occhi dei tre ragazzi italiani sembrano veramente appartenere ad un altro mondo. Il nucleo del racconto è rappresentato dalla loro crescita morale. Provenienti dalla ricca terra di Romagna, abituati a confrontarsi con nient'altro che lievi vicende sentimentali, si mettono in viaggio con l'intenzione di far valere una presunta superiorità economica e morale. Se nel 1989, la prima era indiscutibile, non altrettanto può dirsi per la seconda; ottengono dai cittadini rumeni con i quali interagiscono delle vere e proprie lezioni di sentimento e di dignità, che consentono loro di tornare in Italia con una sensibilità diversa, comunicata allo spettatore nelle ultime sequenze, che li mostrano particolarmente emozionati mentre, tra altre persone indifferenti, vedono nei telegiornali le immagini della rivoluzione. Tra i molti incontri, colpisce, in particolare, quello con una cantante entrata casualmente in possesso della misteriosa valigia, la quale contiene generi alimentari, vestiti, giocattoli ed altri oggetti di matrice "occidentale". Tutti beni che gli italiani potevano acquistare con estrema semplicità; da anni, però, inaccessibili ai rumeni. Quei beni rappresentano, pertanto, per i destinatari - i familiari dell'uomo - un legame con l'esule; un ricordo; la testimonianza dell'esistenza di altre realtà; un simbolo di speranza. Buona interpretazione per i giovani attori Lodo Guenzi, Jacopo Costantini, Matteo Gatta, nei panni dei tre protagonisti, superficiali e lunatici - passano spesso dall'entusiasmo alla paura, ed a volte si trovano a discutere tra loro. La loro superficialità è spazzata via da esperienze in grado di generare una nuova consapevolezza. Trovo che questo film, la cui drammaticità è rotta qua e là da toni e situazion da commedia, sia un'ottima opera di formazione; senza essere eccessivamente didascalico, descrive le condizioni di vita di un popolo stremato e l'approccio a tale contesto da parte di persone ad esso inizialmente estranee; poi, man mano sempre più coinvolte, fino ad una comprensione quasi completa di tale realtà ed ad una conseguente, inevitabile, maturazione.
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