Regia di Werner Herzog vedi scheda film
Lo sguardo allucinato di Woyzeck (ancora una volta ben servito da Klaus Kinski, appena reduce da "Nosferatu"), sembra fissarsi su qualcosa che solo lui riesce a vedere, come se fosse una qualche cosa che noialtri umani non possiamo percepire, e che è invece raggiungibile da lui, quasi fosse l'anello di congiunzione tra l'homo sapiens e la natura. Il film è pervaso da un senso di minaccia, accentuato dalla fretta cui è sempre soggetto il protagonista, e dal fatto che egli è spesso rappresentato con oggetti taglienti in mano (il rasoio, il coltello). Rispetto ad altri film di Herzog, "Woyzeck" è meno geniale, limitandosi a trasportare sullo schermo il breve frammento drammatico dello scrittore ottocentesco Büchner, ma, come altri film di Herzog, procede per violenti strappi narrativi (con quei quadri staccati che rimandano, almeno parzialmente, anche al teatro di Brecht): come quando a tranquilli scorci paesani seguono immagini ambientate in una natura per niente tranquillizzante e che sembra suggerire al protagonista la soluzione tragica che lo perderà. "Woyzeck" è probabilmente il più breve dei lungometraggi herzoghiani, ma è un film a cui non manca niente, anche per merito, oltre che della consueta bravura del regista, di un cast di ottimi attori, tra i quali spiccano Kinski ed Eva Mattes (e, come dice giustamente Herzog in "Kinski, il mio nemico più caro", entrambi avrebbero meritato il premio che la sola Mattes ottenne a Cannes). (3 marzo 2008)
Agli inizi dell'Ottocento, il soldato molto semplice Franz Woyzeck fa parte della piccolissima guarnigione di una cittadina tedesca. Deriso per la sua ottusità dal capitano del presidio, usato come cavia umana dal medico del paese, Woyzeck viene a sapere, quasi per scherzo, che la sua donna, quella che gli ha dato un figlio, lo ha tradito con il tamburo maggiore della guarnigione. Sconvolto dal dolore, il soldatino uccide la sua donna e poi annega nello stagno nel quale aveva cercato di nascondere la prova del delitto.
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