Regia di Denis Rovira van Boekholt vedi scheda film
Modestissimo horror, confuso e sfilacciato. Troppa carne a cuocere.
L'infermiera Alicia si trasferisce insieme al marito Mikel e alla figlia Nora, nella cittadina natale di Duesos,nelle Asturie,per prendersi cura della madre moribonda, attaccata ad un respiratore meccanico, l'anziana Victoria, ormai in coma da circa un mese. Qui ritrova la sorella minore Sara, la quale non ha mai abbandonato il nido materno e ha trascorso un'esistenza solitaria e infelice, anche per via del clima intimidatorio imposto dall’autoritaria madre. Le due sorelle hanno subito sempre abusi e maltrattamenti da Victoria, dedita all'occultismo e alla stregoneria, soprattutto dopo la tragica dipartita dell’amato marito, avvenuta molti anni prima, nel corso di un rocambolesco incidente domestico, la cui colpa Victoria attribuì alle figlie. Nonostante ora si trovi in un profondo stato vegetativo, sembra riuscire ad emanare un influsso malefico. Alla lettura del testamento biologico, i familiari rimangono sbalorditi nel constatare come l'unica beneficiaria dell'intera eredità, sia la nipote Nora, la quale comincia a comportarsi in modo strano, trascorrendo molto tempo con la nonna e familiarizzando con una misteriosa coetanea. Primo lungometraggio del regista spagnolo che sembra anche aver utilizzato un “budget” ragguardevole. I temi sarebbero tanti, il film prova a trattare quelli classici e tipicamente orrorifici come la stregoneria, le possessioni demoniache, le presenze occulte e i bambini malefici, ma il tutto assemblato in modo maldestro e con una trama che si sfilaccia e finisce col fare acqua da tutte le parti. L’incipit non è male, si avverte una discreta atmosfera sinistra, affidandosi alla antica mitologia consolidata, tra la vecchia villa imponente e tetra, la stanza all’ultimo piano fotografata e illuminata in maniera differente dalle altre, per accentuarne il distacco e le differenze, rumori inspiegabili e porte che si chiudono da sole come da copione. E’ invece nello sviluppo, che la regia inciampa e non si rialza più. L’anziana madre sarebbe una sorta di strega e sembrerebbe abbia affinato i suoi poteri ai danni delle figlie, ree di averla resa vedova, anche nei flashback la madre è già dedita a questo tipo di attività, non ci è dato sapere il motivo e approfondirne le origini, da anni nutre e coltiva rancore nei confronti delle figlie, addirittura vorrebbe continuare anche da morta a perseguitare le figlie ed entra in contatto con la nipotina, infondendo il male dentro di lei, anzi sembrerebbe di intuire, che voglia impossessarsi del suo corpo. Il film prova a svilupparsi su più piani, ma senza in sostanza costruire una storia che abbia senso, ovviamente il carattere “soprannaturale” della pellicola richiede “una sospensione dell’incredulità” ma qua si pretende uno sforzo eccessivo allo spettatore. E mentre il film si barcamena tra diverse tematiche, finisce per avvitarsi su sé stesso, senza decollare e senza suscitare né brividi né sussulti, non ci sono twist di trama degni di nota, il ritmo è frammentario, la pellicola dura più del dovuto e si incarta malamente, il doppio finale non salva, anzi affossa il film. Prima una svolta che sfiora il grottesco, con la nonnina che si risveglia dal coma per fare a botte con la figlia e col genero, poi una inutile sequenza onirica, con la comparsa di una testa di capra, che forse vorrebbe simulare il volto del demonio. La regia di Denis Rovira van Boekholt, sembra più concentrata sulla forma che sulla sostanza, si sofferma su dettagli e inquadrature mirate, indovina il gioco di colori e di luci, ma la sceneggiatura di Ramsey Campbell è confusa ed evanescente ed anche la prova degli attori lascia a desiderare, forse solo la piccola attrice si salva. Insomma, personalmente non mi è piaciuto. Tuttavia leggo molti giudizi lusinghieri, anche da parte di critici autorevoli. È proprio vero che il gusto, anche per un film, è qualcosa di totalmente soggettivo
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