Regia di Robert Hossein vedi scheda film
Terza versione di un tragico personaggio che si è mosso su due diversi binari (dolcezza e crudeltà). Un Jekyll & Hyde proveniente però dal mondo reale...
Germania, 1930. In un clima di crisi sociale e di deriva delle condizioni economiche, dovute ai disastrosi effetti della Prima Guerra Mondiale, si muove nottetempo Peter Kürten (Robert Hossein), operaio timido e riservato, che scarica la tensione originata dalle sue incerte condizioni sociali su ignare ragazze, vittime dei suoi sadici impulsi. Ma anche Peter sembra avere un cuore, che batte forte per Anna una entraineuse che corrisponde, a suo modo, le attenzioni che "la belva di Dusseldorf" le riserva.
"1930: la guerra è finita da più di dieci anni ma la Germania non riesce ancora a riprendersi dallo sfacelo in cui l'ha gettata la sconfitta. Durante una presidenza pressochè simbolica del maresciallo Hindenburg, si sono succeduti molti governi di varie tendenze che hanno tentato invano di ristabilire l'ordine nella giovane repubblica di Weimar, distrutta ed in preda all'anarchia. La vecchia casta militare prussiana, orgogliosa e testarda, non riesce a perdonare agli uomini politici ciò che essa definisce "la pugnalata alle spalle". Impassibile e distaccata, assiste ai travagli di un paese che non sa più ritrovare se stesso. Dilaniato da lotte fratricide, sconvolto da crisi economiche culminate nella paurosa svalutazione monetaria del 1923, disorientato dal crollo delle vecchie strutture e senza più fiducia nelle istituzioni politiche vecchie e nuove che si combattono con ogni mezzo, il popolo ha come unica aspirazione la conquista di un po' di cibo e di un lavoro. In questo clima di miseria, di sfiducia, di paura, di egoismo, la criminalità dilaga in mezzo all'indifferenza generale. Finché a Dusseldorf l'opinione pubblica comincia ad essere turbata e scossa dalle gesta mostruose di uno strano criminale che la fantasia popolare battezza ben presto... la belva di Dusseldorf."
Con queste premesse, ben piazzate da un incipit che pure ricorre ad immagini di repertorio, ha inizio un altro film ispirato ai reali fatti di cronaca portati già egregiamente sullo schermo da Fritz Lang (M il mostro di Dusseldorf, 1931) e meno significativamente da Joseph Losey (M, 1951). La mano di Hossein - qui autore a tutto tondo a cominciare dalla sceneggiatura, proseguendo con la regia e finendo di fronte alla macchina da presa nei panni del maniaco omicida - è felicemente ispirata e riesce a dare origine ad una pellicola affascinante e, ad oggi, ancora attuale come dimostra il testo della presentazione iniziale, che sembra tratteggiare la condizione socio politica di molte Nazioni accorpate nell'euro zona. Al di là di questo (certo non di poco conto) aspetto del film, sorprende la bella messa in scena, frutto di una coproduzione internazionale (tra Francia, Spagna e Italia) che sembra avere lasciato carta bianca all'autore, consentendogli così di realizzare un film estremamente coinvolgente sia per l'ottima regia, sia per una sceneggiatura che si svolge linearmente, e riesce a provocare inattesi colpi di scena destinati a sfociare nel melanconico e drammatico finale.
La bella e curata fotografia risalta i chiaro scuri, facendo delle ombre (quasi tutto il film è ambientato di notte) protagonisti subliminali, coinvolti nella storia non meno dei personaggi in carne e ossa. Il chiaro scuro della fotografia non è solo funzionale sul piano tecnico, ma acquista valore anche da un punto di vista narrativo: Peter infatti alterna momenti di inaudita ferocia (i delitti) ad altri di tenere attenzioni (aiuta un'anziana signora a portare pesanti borse, come una piccola bambina a rientrare dalla scuola). Certo in entrambi i casi, e comunque in ogni momento della giornata, "non lo si vede mai sorridere", come nota, con probabile sesto senso femminile, la bella Anna. Le tenebre dell'anima che avvolgono la personalità di Peter talvolta schiariscono, fino a svanire completamente: accade almeno quando i suoi occhi incrociano quelli dell'unica donna che ama e che sarà inevitabile causa della sua perdizione.
La belva di Dusseldorf è quindi un lavoro attento e preciso che si muove su diversi livelli narrativi, con evidente analogia tra vissuto personale e, più in genere, contesto storico: al punto che la vita della "belva" sembrerebbe un riflesso sbiadito di quello più ampio di una Nazione, palesemente alla deriva di valori umani: e che questo sia da esempio, per non dimenticare mai la storia. Più volte nel film compare il volto di Hitler (pure in un libro -rivelatore- nel finale) e questa scelta non è certo casuale o legata, unicamente, al momento in cui si svolge la storia...
"Arrestato il 24 maggio del 1930, Peter Kürten fu processato il 13 aprile 1931. Riconosciuto colpevole di nove delitti e sette tentativi di omicidio, fu giustiziato il 2 luglio dello stesso anno".
Disponibile nel catalogo della Sinister, che offre una edizione impeccabile del film in una magnifica versione video 2.35:1 (restaurata) e con nitida e pulita traccia audio originale dell'epoca. Extra composto da un divertente aneddoto di Cozzi su Argento e lo stesso Hossein. Edizione pregevole e da collezione, con all'interno anche una cartolina pieghevole con rappresentato il manifesto e una fotobusta...
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