Regia di Claudio Noce vedi scheda film
VENEZIA 77 - CONCORSO
Nell'Italia di metà anni '70, presa nella morsa sanguinosa e feroce delle Brigate Rosse, il piccolo Valerio assiste dalla finestra all'attentato che un gruppo armato infligge al padre e alla sua scorta, ferendo il genitore servitore integerrimo dello stato, per fortuna in modo meno grave di quanto le circostanze avrebbero potuto suggerire. Nella sparatoria un brigatista rimane ucciso, morendo sotto gli occhi devastati dall'orrore del ragazzo, testimone all'insaputa di tutti, e dal cui trauma troverà molto difficile riprendersi.
Ci riuscirà tramite quello che appare dapprima come un amico fantasma, uno dei tanti utilizzati dal bambino per vincere una solitudine latente e più che episodica, frutto del suo carattere introverso e sensibile.
Ma, capiremo, si tratterà di ben altro. Claudio Noce, al suo terzo film narrativo per il cinema dopo Good Morning Aman e La foresta di ghiaccio, ci racconta una storia drammatica che presenta precise basi autobiografiche legate alla prima infanzia del cineasta, in un film che il regista ha inteso dedicate al padre per motivi ben precisi e noti.
Il lavoro di Noce si sviluppa come un racconto intimo di formazione, forte di uno studio introspettivo scandagliato e profondo su un dramma che, pur ai danni materiali e fisici di persone adulte, finisce per arrecare ferite non meno profonde ed indelebili dirette alla sensibilità e alla psiche di menti sensibili e influenzabili come quella di un bambino di dieci anni che ha visto troppo.
Purtroppo, tittavia, la storia è anche afflitta da una serie di qualunquismi e luoghi comuni non proprio felici, come certe grossolanerie sulla costruzione dei personaggi, anche fondamentali, a volte davvero prevedibili o scontati in certi ruoli un pò troppo formali o prevedibili: un padre affettuoso ma distante per necessità di ruolo che istituzionalizza banalmente il suo mestiere di capofamiglia saggio ma troppo occupato; una madre (interpretata da una pur ottima Barbara Ronchi) sin troppo remissiva e succube del marito e del suo ruolo di consorte obbediente e rispettosa; una famiglia patriarcale al paesello che crea imbarazzi; ed ancora e soprattutto incongruenze plateali come un protagonista bambino che, pur bello e bravo, risulta così fisicamente di stampo nordico ed alieno da quello mediterraneo di un Favino-padre per contrasto stridentemente scuro come la pece, da rendersi fautore di una circostanza davvero poco credibile per risultarne un plausibile figlio naturale.
Insomma del film è apprezzabile la sensibilità di fondo, nonché certe sfumature legate all'amicizia misteriosa ed ingannevole dei due ragazzini, ma la vicenda sconta anche troppe pesantezze e luoghi comuni che sarebbe stato opportuno e saggio schivare.
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