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PadreNostro

Regia di Claudio Noce vedi scheda film

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Souther78

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La recensione su PadreNostro

di Souther78
5 stelle

Grandi intenti, ma esecuzione insipida. Narrazione autoreferenziale scambiata per cinema d'autore. Peccato per Favino. La noia non sarebbe il suo peccato capitale, se sottendesse contenuti che, invece, difettano. La prospettiva del fanciullo è "mostrata", ma non "sentita". Risultato mediocre.

Tra dramma sociale e interiore. Sospeso, così, a mezza via viaggia PadreNostro. A chi si domanda se l'arrivo sia "puntuale", verrebbe da rispondere così, su due piedi: no!

 

L'estrazione autobiografica sembra aver giocato un ruolo decisivo, finendo per dilatare a dismisura una narrazione che potrebbe interessare al suo regista assai più che al pubblico. Vivere dall'interno un sentimento non è affatto lo stesso che farlo dall'esterno, e si può facilmente sopravvalutare l'efficacia della condivisione.

 

Il punto di vista del bimbo, travolto da una realtà decisamente più grande di lui, è qui estremizzato a tal punto da sembrare perfino forzato e rendere la visione quasi frammentaria e distorta. Le dinamiche psicologiche che dovrebbero essere alla base del tutto sono ampiamente rimesse all'interpretazione, nel tentativo di emulare altri maestri del cinema, che però volano su ben altri cieli. La scelta di deviare dal classico cinema commerciale è lodevole, intendiamoci, però richiede una preparazione che qui è mancata, almeno nell'opinione di chi scrive.

 

L'aspetto più fallimentare sembra essere, paradossalmente, proprio il difetto di immedesimazione: tanti sforzi per mettere lo spettatore nei panni del bambino, franano miseramente nell'incapacità di trasmetterne la psicologia. Non è sufficiente, insomma, abbassare la cinepresa ad altezza di infante, per adottarne la prospettiva. Tantomeno per analizzarlo compiutamente.

 

Così, se da una parte lo sfondo sociale si perde completamente, anche la messa a fuoco sull'individuo sembra arrancare, come quelle macchine fotografiche un po' scadenti nella penombra: ecco, quindi, che, a parte le esigenze autoriali di rielaborazione e narrazione autoreferenziale, non resta molto. Forse quasi nulla. Lo spreco di un Favino, che sembra però ridotto a un mero orpello. Una durata eccessiva. Qualche scorcio urbano. Una onesta riproduzione del periodo storico. Insomma, più che un film d'autore questo è forse un film d'aspirante autore. Chissà se, liberato del fardello di sè, il regista potrà regalare un'opera degna di memoria: per ora siamo solo all'ennesima falsa partenza.

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