Regia di Roberto Faenza vedi scheda film
I rumors dicono che Harvey Keitel sia uno stronzo, uno che applica i dettami dell’Actor’s Studio anche fuori dal set, un antipatico viscerale. Poco ci importa del privato degli attori, specie di quelli meno divi. Ecco Harvey Keitel è per l’esattezza un animale da cinema che ha macinato film dalla fine degli anni sessanta con Martin Scorsese come “padrino di battesimo”. Negli anni ottanta ha lavorato molto in Italia sempre con umiltà – nonostante il carattere – da impiegato puntuale che non ha mai badato a interpretare di tutto.
Nel 1983 Roberto Faenza in trasferta americana (con interni girati a Cinecittà) lo arruola come protagonista di COPKILLER – L’ASSASSINO DI POLIZIOTTI nei panni del tenente di polizia Fred O’Connor. Un misterioso omicida semina il panico a New York uccidendo poliziotti e sia O’Connor che il collega Bob indagano senza riuscire a venirne a capo. Fred solitario e abitudinario vive a Brooklin ma ha un appartamento segreto a Central Park a nome Stevens che divide con Bob, compagno omosex che a sua volta è legato alla giornalista Lenore. Un tipo strambo chiede di O’Connor nell’appartamento clandestino, lo insegue fino a presentarsi alla porta di casa, dice di chiamarsi Fred Mason e di essere il copkiller. Il tenente duro e inflessibile non gli crede ritenendolo uno squilibrato incapace di fare del male, lo tiene segregato in casa suscitando però la perplessità di Bob. Il nome del ragazzo è Leo Smith, l’erede miliardario Smith cresciuto in Inghilterra ma dopo che perse i genitori in un incidente si trasferì in America dalla nonna, alcuni anni prima rilasciò una falsa dichiarazione quale colpevole di uno stupro. Smith ricatta O’Connor per la sua relazione omosessuale e gioca psicologicamente con la parte debole del poliziotto. Bob muore casualmente in una colluttazione con Fred, ma per scagionarsi porta il cadavere a Central Park (teatro consueto degli omicidi) facendolo passare per vittima del copkiller con la regia occulta di Leo. Fred che continua a sottovalutare il giovane capirà troppo tardi chi si è messo in casa.
COPKILLER è un thriller di buona fattura tratto da “The order of the death” di Hugh Fleetwood, anche sceneggiatore con il regista e il veterano Ennio De Concini. Ad un certo punto l’opera del regista torinese si disinteressa dell’indagine per soffermarsi sui caratteri dei due protagonisti: O’Connor rigido, amante dell’ordine e violento si rivela fragile e facilmente manovrabile (oltre che ricattabile) dal giovane Smith, un mitomane dalla doppia personalità persuasivo e disturbato. “Avrei dovuto crederti…sei tu il copkiller” dice Fred alla fine ormai impotente di fronte a Leo che gli risponde: “Eri tu a dire che non potevo esserlo…la prima volta che ti ho visto ho capito che avresti confessato per me…io so cos’è la colpa povero innocente Fred”. COPKILLER è un giallo irregolare e complesso, a tratti ambizioso e acerbo, gli ambienti e le atmosfere ricordano le prime pellicole malate di Abel Ferrara. Ottime le musiche di Ennio Morricone che contribuiscono non poco alla suspense. Impeccabile e carismatico Keitel a cui tiene testa l’ex leader dei Sex Pistols John(ny Rotten) Lydon dallo sguardo allucinato e dall’impressionante fissità degli occhi, davvero perfetto per la parte. In un paio di pose appare come portiere d’albergo Ennio Fantastichini.
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