Regia di James Ivory vedi scheda film
Ivory alle volte sgarra in buona fede, ma sgarra, in questo caso si è basato su una sceneggiatura zoppicante, che ha reso la storia quasi monca e la sua stessa regia molto approssimata. L’emozione è molto sacrificata, anche se volutamente esibita e quindi stenta ad arrivare all’animo dello spettatore; i vari raccordi e passaggi di racconto non sono bene collegati e quindi si stemperano non raggiungendo mai il pathos che si presuppone avrebbe dovuto avere. Eppure l’argomentazione degli inserimenti di stranieri in una società diversa erano punti essenziali, compresi i rapporti e le persone, che diventano solo episodi e che non hanno nessun collegamento necessario per mantenere integra la storia. Questo succede in Francia ed ancora di più in America, solo accenni che si disperdono non creando la suggestione che avrebbe dovuto avere; ma il guaio è che questo succede anche con i personaggi che vengono sviluppati solo a metà o ancora di meno, e poi lasciandoli senza una scia obbligatoria e necessaria. Insomma un film sbagliato, che dà la sensazione di essere stato dissanguato fin dall’inizio, e che prendendo come campo d’azione un periodo di tempeste culturali come quello preso in considerazione che va dal 1964 al 1973, non ne tiene conto a nessun livello. Il film si rifà alla vita, romanzata, di James Jones tratta dal libro scritto da Kaylie Jones
una stria che naviga in acque troppo superficiali per raggiungere i livelli promessi
sbaglia un po' tutto
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