Regia di François Ozon vedi scheda film
L’esistenza di una famiglia borghese della Francia è stravolta quando un topo bianco da laboratorio viene introdotto dentro le mura di casa. È l’inizio di un vortice di situazioni che si concluderà con il capovolgimento finale e la distruzione di qualsiasi apparenza borghese. Siamo di fronte a un lavoro di stile bunueliano, con una nota di grottesco e simbolismo che sfociano in una pura, forse eccessiva, rappresentazione kafkiana nel finale.
La distruzione del sistema d’apparenza borghese, passa attraverso le vie inconsce, remote, dei membri dell’intera famiglia. Sentimenti repressi come l’omosessualità, il desiderio di morte e l’incesto riemergono improvvisamente. Il tumulto freudiano emerge con una violenza tale da stravolgere tutte le fondamenta della struttura borghese, toccando a uno a uno i suoi membri. Le nuove dinamiche creano nuovi equilibri, fino a quel momento impensabili. A farne le spesse è la famiglia tradizionale, patriarcale, rappresentata dalla figura del padre. Taciturno e alienato, probabilmente insoddisfatto della sua vita, è lui che simbolicamente porta a casa il topo, motore esterno di tutti i mutamenti psicologici, ed è lui che alla fine dei conti paga il conto più salato. Anche in questo caso, simbolicamente. La famiglia tradizionale, quella con il più classico paterfamilia non è esiste più, è cancellata da una costruzione di rapporti.
Commedia grottesca e freudiana, che in alcuni tratti – anche se abbastanza sfocati - ricorda Bunuel e il Pasolini di Teorema.
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