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Arlington Road. L'inganno

Regia di Mark Pellington vedi scheda film

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La recensione su Arlington Road. L'inganno

di FilmTv Rivista
8 stelle

Minuscole gocce di sangue macchiano le scarpe da ginnastica e l’asfalto di Arlington Road, quartiere residenziale alla periferia di Washington. Lo sguardo dell’adolescente ferito, distorto dalla paura e dal dolore, deforma le villette e l’ordine apparente dei giardini. Le linee e le prospettive si scompongono in quell’angolo quieto, lindo e rassicurante degli Stati Uniti. Il regista Mark Pellington, laureato in retorica e avvezzo all’estetica delle superfici di MTV, dispone i suoi materiali e i suoi personaggi in un mondo che non sarà neanche per un minuto quello che appare o quello che dovrebbe essere. Quella lieve scia di sangue è il primo indizio ambiguo e irretisce un professore di storia (Jeff Bridges) che soccorre il ragazzo, figlio dei vicini, una coppia sorridente e rilassante (Tim Robbins e Joan Cusack). Padre di un bambino, vedovo di un’agente dell’FBI, morta in missione, il professore, docente di un corso universitario sul terrorismo, scopre, tra perplessità e scetticismo, altri rivoli di sangue, molto più densi e atroci. L’America non sa difendersi e soprattutto non vuole credere alla possibilità della cospirazione e del complotto contro le istituzioni. È più semplice illudersi, per tenere sotto controllo la paura, la rabbia e la tensione, che tanti folli isolati “unabomber” minaccino il Paese. L’erba dei vicini non è verde, ma rosso scuro. Vecchie foto degli album universitari, ritagli di giornali, lettere inviate ad indirizzi sbagliati, cianografiche di edifici pubblici, incontri misteriosi, nuove identità, incongruenze, intercettazioni, strani incidenti automobilistici: il professore scopre troppo tardi di essere diventato un obiettivo della strategia del terrore. La verità in questo solido e coinvolgente thriller, intarsio di affetti, tenerezze familiari e crudeltà politiche, interpretato da un ottimo e insolito cast di “cattivi”, ha una doppiezza minacciosa. All’interno di uno schermo televisivo la colpa, i colpevoli e gli innocenti hanno, tutti, la stessa inquieta espressione.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 13 del 1999

Autore: Enrico Magrelli

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