Regia di Shawn Levy vedi scheda film
Se dietro Free Guy c’é la regia di un veterano della commedia come Shawn Levy (La Pantera Rosa, Real Steel e Una notte al Museo mentre, in Tv, é tra gli artefici come produttore di Stranger Things) l’intuizione iniziale per la storia, e quindi veri artefici dell’operazione, sono invece gli sceneggiatori Matt Lieberman (Scooby! e Qualcuno salvi il natale) e Zack Penn (The Avengers e soprattutto Ready Player One) a cui poi si aggiunge anche lo star power, anche imprenditoriale e pubblicitaria, di un certo Ryan Reynolds, non solo protagonista ma anche produttore entusiasta del progetto che, nel suo essere (senza ombra di dubbio) soprattutto un pop corn movie ad alto tasso di intrattenimento per un pubblico di riferimento ben preciso, si presenta anche come uno sfacciato “metaforone” con un messaggio di fondo, seppur semplificato, davvero ben riuscito.
"Qualsiasi cosa mi metto.. non sara una bella giornata.. ma una giornata eccezionale"
Il protagonista Guy (che praticamente si può tradurre con Tizio) vive infatti a Free City, un open world videoludico simile a GTA Online (il nome richiama infatti la Liberty City del gioco Rockstar) creato dalla Soonami (Sony + Konami) ed è un PNG, personaggio non giocante che non conta nulla, esiste sullo sfondo del gioco ed é spesso vittima piuttosto accomodante delle azione spesso violente dei gamers, i veri protagonisti della storia.
Ma cosa succede se Guy, grazie a una AI estremamente evoluta e in grado di apprendere, decidesse di non accettare più il suo ruolo prestabilito e di riprendersi invece in mano la sua vita?
E in un immediato (ed enfatizzato) parallelismo con lo spettatore la domanda si trasforma e diventa: Siete soddisfatti della vostra vita? E come la vivete? Da protagonista con il resto del mondo che ruota intorno a ogni vostra scelta o sullo sfondo cercando di sopravvivere un altro giorno come meglio potete?
Free Guy parte da questo concetto, scherza su un’industria videoludica (e cinematografica) ferma a prequel, sequel e spin-off deridendone la ripetitività mainstream, pur facendone parte (a quanto per un Free Guy 2?), e lo fa facendo incontrare tra loro The Truman Show con GTA, Ready Player One con Fornite, Matrix con The Sims.
Uccido. Quindi esisto. Anche se non è reale.
Grazie a un’intuizione brillante la pellicola si trasforma così in una metafora di emancipazione personale e di rivolta a un mondo “progettato”, come in un videogame, da una società gerarchicamente chiusa, dell’industria dei videogames come anche di quella politico/economica globale, con i suoi schiavi contemporanei come ingranaggi, senza reale peso, di un sistema lucrativo settario e implacabile, imperniato sulla sopraffazione degli altri e sull’arricchimento attraverso anche la violenza gratuita e con la colpevole compiacenza di chi sta in alto.
Sembra davvero un videogame alla GTA ma in pratica racconta la società capitalistica moderna.
La critica si fa quindi palese, anche più radicale di quanto sembri in un primo momento, con accenni anche meta cinematografici e al mondo dell’intrattenimento in generale.
Infatti Free Guy é Matrix al contrario (invece degli umani sono le macchine che si risvegliano in un mondo sempre artificiale ma costruito dagli umani), è Truman Show (con il protagonista anonimo, almeno all’inizio, in un mondo di finzione) ma dentro c’é anche Westworld (un personaggio/macchina che prende coscienza di essere vivo in un mondo artificiale, ribellandosi alla sua programmazione per inseguire il libero arbitrio), c’é Lego Movie di Phil Lord & Christopher Miller come anche addirittura il John Carpenter più politico di Essi Vivono (gli occhiali che mostrano la realtà del mondo in cui vive il protagonista) e c’è ovviamente Ready Player One di Steven Spielberg, con il mondo dei gamers e il loro linguaggio e anche per la valanga di easter egg legati strettamente alla loro cultura.
"Com'é che dicevano in quel vecchio spot?"
Lo scopo di Levy comunque non è tanto di interrogarsi sula natura del mondo artificiale di Free City, e ai suoi innumerevoli richiami al mondo dei videogiochi o a quello reale, ma di legare emotivamente lo spettatore al destino di Guy.
E riguardo proprio al protagonista Ryan Reynolds è assolutamente perfetto nel ruolo, scritto poi su misura proprio per la sua autoironia, di “camiciola guy”, ingenuo e altruista eroe per caso (o per vocazione?).
Accanto a lui Jodie Comer interpreta efficacemente sia la “femme fatale” del suo avatar videoludico che la trasandata ma volitiva programmatrice di videogiochi, al suo fianco (direttamente da Strange Things) il programmatore ed ex-socio Joe Kerry, Utkarsh Ambudkar e Taika Waititi nel ruolo del burlesco proprietario (cattivo) della multinazionale Soonami.
Tra i tanti camei che compaiono nella pellicola da ricordare soprattutto quello di Channing Tatum (e del suo alter ego Matthew Cardarople).
Molto creativa dal punto di vista della scenografia e dell’effettistica, avendo anche la fortuna di poter attingere a un immaginario vastissimo quanto immediatamente riconoscibile (soprattutto dai videogiocatori), Free Guy ha però anche il punto debole di un intreccio abbastanza prevedibile, come anche in alcuni colpi di scena piuttosto forzati, pur riuscendo a non scadere troppo nella banalità o abbandonandosi eccessivamente nel citazionismo più becero (pur sfiorandolo abbastanza spesso), oltre a un finale enfaticamente debordante per spunti e possibilità ma che però risulta come la parte più debole, per quanto spettacolare, della pellicola.
"Sarò anche un tizio qualsiasi ma... Hugh Jackman fatti da parte, proprio!"
VOTO: 7
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