Regia di Jeffrey A. Brown vedi scheda film
Semi-autofagia planetaria come cura all'infezione umana.
Oltre lo stagno retrodunale, di nuovo a riva, sulla spiaggia sabbiosa della battigia, riversa supina sul bagnasciuga, immersa nell’ecotono da cui scaturì la vita approdata dagli oceani sulla terraferma ed ora invece fonte idrotermale di virulenti archeobatteri la cui legione sprigionata dal benthos dei fondali marini ha il solo scopo di ridisegnare la storia della vita sul planetario globo terracqueo così come (non) la conosciamo, Emily (Liana Liberato) viene risucchiata dalla risacca. E la paura non sarà più un problema.
“The Beach House”, il lungometraggio d’esordio di Jeffrey A. Brown - già addetto alla ricerca e alla gestione dei luoghi delle riprese in esterni anche per, tra gli altri, Raimi, Scorsese e Jarmusch, e qui divenuto sceneggiatore e regista [fotografia di Owen Levelle, montaggio di Aaron Crozier, musiche di Roly Porter e resto del cast composto da Noah Le Gros, Jack Weber (“Medium”) e Maryann Nagel] - è un tronco horror segaligno alla “the Bay”, “the Mist” e “the Block Island Sound” innestato con gemme d’atmosfera (la mutazione del territorio, dell'ambiente e dell'ecosistema attraverso la creazione di una zona “altra”, “diversa”, “aliena”) alla “Monsters”, “the Happening” e “Annihilation”.
Soon after dark Emily cries…
Float on a river forever and ever…
There is no other day…
* * * ½
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