Regia di Jeffrey A. Brown vedi scheda film
Intrigante opera prima che mescola temi lovecraftiani, problematiche esistenziali (malattia e rapporti di coppia) e imprevedibili mutazioni batteriche. Una storia avvincente che riporta sullo schermo un clima catastrofico, posto a metà strada tra il serial "Ai confini della realtà" e il cinema fantascientifico degli anni '50.
Randall (Noah Le Gros), senza avvisare il padre, decide di raggiungere la casa di proprietà sulla spiaggia - fuori stagione - per stare in intimità con la sua ragazza Emily (Liana Liberato). La località è immersa in una calma irreale, in un clima silenzioso e quasi paradisiaco ma dopo la prima notte i ragazzi scoprono che l'abitazione non è vuota, essendo stata affittata a loro insaputa a una coppia di mezza età, Mitch (Jake Weber) e Jane (Maryann Nagel). Dopo un primo momento di imbarazzo, Randall ed Emily socializzano con gli inquilini, amici tra l'altro dei genitori di Randall. La scelta di condividere la casa viene ben accettata e durante la serata la relazione con gli sconosciuti diventa sempre più intima, tanto da spingerli a condividere persino della marijuana. Le condizioni salutari di Jane, già critiche essendo in cura con farmaci potenti, peggiorano in nottata dopo che una inconsueta nebbia dai colori insoliti avvolge la costa.
"La chimica diventa biologia nel profondo del mare. La vita è così complicata. Noi, esseri umani, siamo la perfetta combinazione degli elementi: la giusta temperatura, la giusta distanza dal sole... e tutto questo tempo speso dalla natura per evolvere e cambiare. Bilioni di anni: una cosa minimamente fuori e noi non saremmo niente. Polvere forse, gas, o qualcos'altro." (Emily)
Una forma di premonizione quella enunciata dalla brillante protagonista, aspirante astrobiologa alle prese con un evento cosmico di proporzioni immani. La Terra, nell'ipotesi del talentuoso Jeffrey A. Brown (sceneggiatore e regista qui all'esordio), minacciata costantemente da catastrofi di immane portata (il nucleare, asteroidi vaganti, inversione dei poli magnetici), potrebbe invece vivere i suoi ultimi giorni a causa di un pericolo infinitamente piccolo. Quando ormai gli eventi hanno preso una piega inarrestabile, destinata a mutare l'aspetto del nostro pianeta rendendolo qualcosa di completamente differente, le uniche informazioni giungono ai protagonisti da una stazione radio di una base oceanografica: "I microbi sono stati conservati nella roccia e il calore della terra ha liberato la forma batterica, facendola ribollire sino alla superficie. Non è nebbia. Non uscite, chiudetevi in casa e sigillate le finestre. (Gli infetti) non muiono quando soccombono alla malattia. Mentre la vita non è più come la conoscevamo, una forma complessa a base di carbonio è diventata qualcos'altro... fino a quando il nostro pianeta non diventerà come tutti gli altri. Un'estinzione di massa di tutte le attuali forme di vita."
Dal romanzo di H.P. Lovecraft (The colour out of space), dunque, arriva lo spunto a Jeffrey A. Brown, con modifica di causa scatenante che stavolta non piomba dal cielo ma si eleva dalle acque profonde dell'oceano. La storia è scontata, addirittura un cliché del cinema di fantascienza anni '50. Ma non importa. Quel che conta, oltre alla sostanza, è la forma. E in questo caso, a livello cinematografico, è ottima. Il primo elemento rilievante da annotare è che, essendo un film del 2019, The beach house anticipa nell'apodittico senso di certe frasi - e in maniera quasi angosciante - quel che sta accadendo attualmente con il Covid. Brown inoltre, disponendo di un budget limitato, sceglie di puntare tutto a scenari incantevoli, ripresi in campo lungo (eccezionale il lento scomparire nell'acqua di Mitch) e costretti, assieme ai rumori ambientali (il soffiare del vento e il rinfrangersi delle acque sulla spiaggia), a diventare parte essenziale del racconto. Limita poi il cast, scegliendo quattro attori di classe (davvero notevole, pur se in secondario ruolo, Jake Weber) e cura la sceneggiatura puntando su dialoghi di spessore, quasi filosofici. I protagonisti sono due adolescenti ma stavolta, al contrario della consuetudine, dimostrano di possedere carattere e soprattutto cervello. The beach house è quindi un'ottima prova d'esordio, lievemente sbilanciata a causa di un finale che si immerge nella consuetudine del genere (ricorda molto anche il The fog di Carpenter), opera di un sensibile e promettente autore che mette assieme, amalgamando alla perfezione, aspetto tecnico e narrativo, inserendo anche brevi ma significativi dialoghi che offrono spunti di riflessione su temi esistenziali (la malattia che sta consumando Jane), altri intimisti (la crisi di coppia tra Randall ed Emily) e addirittura alcuni cosmici.
"Quando vedi qualcuno cambiare sotto i tuoi occhi e sai che non migliorerà, non c'è ritorno... mi spaventa a morte. Siamo così fortunati, è bello oggi fuori." (Mitch, prima di dirigersi verso il mare per poi scomparire all'orizzonte, inghiottito dall'oceano)
"Se il virus ha la caratteristica dell’evento (molto difficile negargli questo tratto), dell’evento deve avere anche la 'virtù': una forza, una vis. Gli eventi producono trasformazioni che prima del loro aver luogo non erano nemmeno possibili." (Rocco Ronchi)
F.P. 16/03/2021 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 87'53")
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