Regia di Jen Soska, Sylvia Soska vedi scheda film
Remake in parte fedele al film di Cronenberg nel primo tempo, ma che poi prosegue su un percorso più autonomo dove predomina una impostazione visionaria e surreale. Gli ottimi effetti speciali (garantiti da un budget consistente) superano di gran lunga la superficiale sceneggiatura, opera delle sorelle Soska.
Rose (Laura Vandervoort) è una stilista di moda, rimproverata più volte per i suoi ritardi e le disattenzioni da Günter (Mackenzie Gray), il suo datore di lavoro. La ragazza conduce una vita morigerata, priva di affetti familiari, e come unico riferimento ha l'amica e collega Chelsea (Hanneke Talbot). Amica che, pensando di aiutare Rose, organizza un incontro serale con Brad (Benjamin Hollingsworth), fotografo al servizio di Günter. Quando Rose comprende che la serata è stata combinata, dopo un litigio con Chelsea, fugge sconvolta su uno scooter venendo investita da una macchina. Orribilmente sfregiata, riprende i sensi solo dopo una settimana di coma. Le sue condizioni fisiche sono devastanti: in particolare il volto tumefatto con la mascella scarnificata, e parte dello stomaco che le è stato rimosso. Rose apprende delle pratiche sperimentali portate avanti nella clinica del dott. Burroughs, un fautore del transumanesimo che pratica terapie di manipolazione sulle cellule staminali. Non ha nulla da perdere, dato che il trattamento, in via sperimentale, è del tutto gratuito. Rose si sottopone alla cura, con esito sorprendente. Dopo l'operazione ha infatti riacquistato il suo aspetto, senza che siano rimaste tracce di ferite. Ma le rimane poco tempo per esserne felice, dato che fin da subito -forse per effetto dei potenti farmaci costretta ad assumere- ha visioni terrificanti, che si manifestano di notte con sogni lucidi. Questo effetto collaterale, a detta del dott. Burroughs è normale. Senonché non si tratta affatto di sogni: il fisico di Rose ha subito una modificazione genetica che le procura un appetito perenne, rendendola assetata di sangue umano.
In buona parte fedele al film di Cronenberg, il remake delle sorelle Soska (Jen e Sylvia) può contare su un budget stratosferico per un horror (qualcosa come 5.000.000 di dollari) e su un cast di tutto rispetto, a cominciare dalla graziosa (e convincente) Laura Vandervoort. Il primo tempo, grazie alla eccezionale fotografia e ai disturbarti spfx, arriva quasi a superare il modello originale. Poi, repentinamente, subentra l'horror. E non è un caso che le Soska avessero in precedenza girato Il collezionista di occhi 2, uno dei peggiori sequel di sempre. Intendiamoci: questo Rabid è un buon film, tanto che i 107 minuti spesi nella visione scorrono velocissimi. E questo la dice lunga sul fatto che, a livello di intrattenimento, funziona benissimo. Ma tutto il significato che sta nel primo tempo (e che permaneva nell'originale) qui finisce poi per azzerarsi a causa di una deriva visionaria fine a se stessa. Gli infetti mutanti, più che ad esseri umani, nello stadio avanzato della patologia presentano protuberanze fisiche che li rendono molto simili ai posseduti (in fase di metamorfosi) dall'alieno ne La cosa di John Carpenter. Non c'è più nulla, da quando esplode l'epidemia (scaturita in una piscina con aggressione di Rose ad un attore famoso) di realistico o verosimile. Rabid diventa, da quel punto in poi, un colorarissimo splatter surreale e visionario.
Appaiono comunque particolarmente riuscite alcune sequenze oniriche della protagonista, così come il concitato finale alla sfilata di moda. Esattamente come nel film di Cronenberg, i contaminati sono occasionali passanti e l'epidemia rischia di coinvolgere l'intera popolazione. Notevole la colonna sonora di Claude Foisy, autore che in paio di contesti -per sottolineare l'apocalittico avvenimento- propone addirittura l'Ave Maria di Schubert.
"La sopravvivenza di un gene è intimamente connessa alla sopravvivenza dei corpi che esso contribuisce a fabbricare, perché il gene viaggia al loro interno e muore con loro.” (Richard Dawkins)
F.P. 29/10/2019 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 107'49")
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