Regia di Riccardo Freda vedi scheda film
Nella Russia del 1850 il fiero combattente Agi Murad guida il popolo caucasico alla rivolta contro il tirannico Zar Nicola I. Come se non bastasse viene osteggiato dal conterraneo traditore Ahmed Khan.
Per quanto i titoli di apertura ci tengano a informare lo spettatore che la pellicola è tratta da un racconto (Agi Murad) di Leone Tolstoj, in effetti risulta difficile distinguere questo film dalla moltitudine di prodottini coevi ascrivibili ai ben nutriti filoni del peplum e del cappa & spada. La storia, nella sceneggiatura di Gino De Santis e Akos Tolnay, è infatti la solita: un popolo oppresso, un eroe muscoloso che si erge contro il tiranno, un traditore che insidia la bella amata dal nostro eroe, la cattura di quest’ultimo da parte dei cattivi e, proprio a un passo dal tracollo finale, la concretizzazione della vendetta personale e per conto di tutto il popolo, messa in atto dal ‘buono’ energumeno di turno: fuga dalla prigionia, libertà per la bella fanciulla amata e così pure per i suoi conterranei, finalmente emancipati dalla scriteriata tirannide. Un pizzico di azione, una sottotrama rosa appena accennata, tanti bei muscoli messi a lucido, una morale semplice e diretta: Agi Murad, il diavolo bianco è questo e nient’altro. È la modesta capacità di Steve Reeves come interprete, è la piacente eleganza di Giorgia Moll, è l’infido sguardo di Renato Baldini; è un cast adeguatamente composto di seconde linee, per una coproduzione italo-jugoslava, come ai tempi era usanza. Fra gli altri attori sulla scena: Scilla Gabel, Gerard Herter, Milivoje Zivanovic e Nikola Popovic. Riccardo Freda dietro la macchina da presa fa il minimo sindacale, Mario Bava organizza una fotografia a colori vivacissimi, che non delude affatto. 3,5/10.
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