Imbarazzante nella sua pochezza non soltanto di mezzi, ma soprattutto di capacità, che cerca maldestramente di mascherare con una verniciata si femminismo superficiale. La scrittura e la messinscena non vanno oltre il livello dilettantesco di una recita casalinga, in cui tutto appare sciatto ed approssimativo .
14° FESTA DEL CINEMA DI ROMA 2019
Un padre tiene le sue figlie segregate in una casa dalle finestre sbarrate, terrorizzandole con il rischio di contrarre una terrificante malattia che, in seguito ad un evento apocalittico, colpirebbe tutte le donne che si espongono alla luce del sole. Non ci vuole molto a capire che si tratta solo di uno stratagemma del padre-padrone violento per manipolare le ragazze. Quando il genitore si assenta per un periodo più lungo del solito, la maggiore si arrischia a varcare la soglia ed inizia a vagare per la città in cerca di cibo, facendo incontri con coetanei e vecchi compagni delle scuole.
L'opera prima di Emanuela Rossi è imbarazzante nella sua pochezza non soltanto di mezzi, ma soprattutto di capacità, che cerca maldestramente di mascherare con una verniciata di femminismo superficiale. Con un ritmo esasperante ed un montaggio pedestre, si passa dalle ripetitive scene di reclusione all'interno della casa a vagabondaggi senza capo né coda in una città che appare totalmente indifferente alla realizzazione della pellicola. La scrittura e la messinscena non vanno oltre il livello dilettantesco di una recita casalinga, in cui tutto appare sciatto ed approssimativo, mentre i personaggi sono totalmente unidimensionali, a partire dal padre, cattivo macchiettistico. Penose le scene di accoltellamenti finali in cui personaggi che parevano moribondi in una scena, nella successiva sembrano avere solo un graffietto. Non si comprendere come tale bruttura abbia potuto essere inserita nella selezione di Alice nella Città della Festa del Cinema di Roma.
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