Regia di Antonio Manetti, Marco Manetti vedi scheda film
PARADOSSALE SOCIALITA’-Il Diabolik dei fratelli Bros è esattamente quello che le sorelle Giusanni hanno creato negli anni 60’: guida una Jaguar nera truccata per le strade di una Clerville immaginaria, compie colpi spettacolari, utilizza marchingegni inverosimili, stima il suo acerrimo nemico, l’ispettore Ginko, conosce una versione di sé al femminile, Eva Kant, e innamoratosene ne fa la sua complice a vita. Non importa chiedersi chi egli sia e quale sia la legge che oppone a Ginko: sicuramente non difende poveri e deboli, come un Robin Hood, né, come Superman, protegge l’umanità da oscure minacce e neppure ostenta vendette per umiliazioni subite da una società iniqua. Il suo carisma è inspiegabile con ragioni razionali: assomiglia a un cavaliere dalle origini ignote che nei tornei medievali indossando una maschera nera sfida re e principi. Il suo fascino, come quello del suo doppio femminile, Eva Kant, non si alimenta di complessità caratteriali o di visioni del mondo sconvolgenti: non è neppure un genio del male, indifferente com’è a un potere qualsivoglia. La sua è una partita a scacchi, che ha come posta in gioco un tesoro nascosto in qualche fortezza inespugnabile. L’uso ossessivo della maschera non è che un ribadire la paradossale socialità di chi non può essere altro che uomo fra gli uomini, uguale a tutti, amorale quando conviene Ma i Manetti hanno preferito all’interpretazione di una personalità rimasta nell’ombra la fedele ricostruzione di un’atmosfera, di un immaginario in cui la citazione cinematografica contribuisce a calare la vicenda in un contesto perfettamente coerente. La classicità dell’ Hitchcock di “ La donna che visse due volte” o di “Caccia al ladro” è allora un voler imprimere al cinema una direzione “umanistica”, magari anacronistica ma rispettosa dei generi, opposta a quella corrente di film colmi di effetti speciali ove supereroi autoreferenziali ed ipocritamente munifici svolazzano fra i grattacieli.
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