Regia di Antonio Manetti, Marco Manetti vedi scheda film
Elegante, destinato a rimanere impresso per l’iconografia fotografica, filologicamente rispettoso, con una sua originale lettura femminista che fa di Eva Kant la vera protagonista ma nell'insieme un film freddo nella sua piatta cornice comics e senza erotismo.
EVA KANT E' IL VERO DIABOLIK
Uscito a più di 50 di distanza rispetto alla trasposizione cinematografica del Diabolik di Mario Bava, che non ha avuto particolare fortuna ma che forse meriterebbe di essere ripensato, il Diabolik dei Manetti Bros, ora disponibile anche in DVD, è germinato da una genuina ammirazione verso un mito tutto italiano del fumetto noir, nato grazie alla intraprendenza delle sorelle Giussani nella Milano delle rapine degli anni del boom economico anni sessanta.
Fedele a questa ammirazione la regia coerentemente si muove lungo i bordi di uno scrupoloso lavoro filologico, senza discostarsi dalla cornice di una letteratura disegnata che il cinema ha il potere e la magia di animare e personificare.
Già dalla primissime scene con l’inseguimento delle auto della polizia con l’iconica jaguar nera del Re del Terrore, sempre pronto a stupire con i suoi colpi di teatro, a farsi beffe dell’antagonista Ginko e sfuggire alla cattura, si entra in piena dimensione piatta da tavola comics con un effetto per quanto freddo altamente suggestivo.
Costumi, scenografia, fotografia, musiche, dialoghi,(una recitazione manierata che pone una pausa di distanza fra l' immagine e le parole che sembrano uscire dalle nuvolette) tutto ruota attorno a una rappresentazione da albo completo di fumetto.
Nel caso del film, gli albi che lo ispirano sono due, soprattutto il numero 3 quello che narra l’arresto di Diabolik. E non a caso.
E’ a partire infatti da questo numero che entra in scena Eva Kant, l’alter ego di Diabolik, altrettanto misteriosa, carismatica, distante ma empaticamente presente.
Diciamolo subito, è lei, Eva, interpretata alla perfezione da Miriam Leone, la vera protagonista, dominando la scena con la sua bellezza, intelligenza, sensualità e spregiudicatezza.
Al punto che Diabolik, col corpo attoriale di Luca Marinelli, è del tutto inadeguato senza la presenza scenica di Eva.
Il personaggio antieroe Diabolik del fumetto, anche se distaccatamente cinico, conserva sempre un suo fascino ambiguo con le sue maschere e trasformazioni identitarie, e in particolare una felina sinuosità fisica nella sua calzamaglia scura che Marinelli nella pellicola non fa apparire. Tanto è vero che Diabolik è visto per lo più nei suoi primi piani di volto, con i suoi occhi azzurro chiaro più che blu acciaio del personaggio del fumetto, e mai nella interzza del classico attillato costume.
Masteandrea di sicuro è più convincente nella parte di Ginko, nonostante l’apparente manierismo didascalico impresso alla narrazione filmica che riduce l’azione tutto a vantaggio dell’intrigo mentale.
La triade Diabolik, Eva, Ginko del film ha senza dubbio nell’insieme una stupefacente fascinazione visiva, nonostante il senso di estraniamento stilistico, grazie in particolare a Miriam Leone e Valerio Mastrandrea i quali, pur attenendosi al codice registico dato dai fratelli Manetti, entrano con convinzione nella loro parte, meno convinto sembra Marinelli.
Come si è potuto notare anche a Torino, durante l'anteprima dell’incontro stampa del film alla Mole Antonelliana, sede del Muso del Cinema, dove si inaugurava anche l'interessante mostra sul Mito di Diabolik: nel rispondere alle domande, Luca Marinelli è apaprso più distaccatamente annoiato che partecipe del personaggio da lui rappresentato.
Diabolik è un film elegante, destinato a rimanere impresso per l’iconografia fotografica, rispettoso, e con una sua originale lettura femminista che fa onore al genio femminile che ha creato questo mito. Verso la fine del film, quando per Diabolik tutto sembra definitivamente finito, nuovamente catturato da Ginko, gli viene detto: Sei destinato a perdere perché tu sei solo.
E la risposta salvifica è: Io non sono solo.
Nonostante l'eros della figura di Eva che conserva il magnete del desiderio anche solo attraverso lo sguardo, nel film l’erotismo, uno degli elementi del successo del fumetto, è del tutto assente e fa mancare quel guizzo di palpito capace di uscire dallo schermo per entrare alla fine nel cuore dello spettatore. (Antonio Miredi)
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