Regia di Antonio Manetti, Marco Manetti vedi scheda film
Nell'immaginaria Clerville, dove esistono via dei fabbri e via delle mimose (sic), la ricca ereditiera Eva Kant alloggia in un lussuoso albergo dove mette in sicurezza un diamante rosa di grandissimo valore. L'oggetto non sfugge all'attenzione di Diabolik, ladro più inespressivo di Tutankhamon dopo l'operazione di tassidermia e tutt'altro che gentiluomo, il quale farà di tutto per impossessarsi del monile e per sedurre la bella donna. Ma l'ispettore Ginko è sulle sue tracce.
Uscito dalla testa e delle matite delle sorelle Giussani negli anni Sessanta, Diabolik, messo nelle mani dei Manetti bros. (ma esiste anche una versione di Mario Bava del 1968), diventa un'operazione talmente filologica da dare l'impressione che gli attori non riescano a scollarsi dalla carta per diventare minimamente tridimensionali. Nel film manca completamente quell'operazione di meticciato tra arti (cinema + fumetto) che ha trovato nei Batman di Christopher Nolan la propria punta di diamante. Sicché qui impattiamo in un tizio tutto inguainato di nero, con il naso di Pippo Franco e quattr'etti di lucido da scarpe in testa, che pensa di trovarsi ancora sul set di Martin Eden, recita come Carmelo Bene nelle sue performance più ardite e, contrariamente all'originale, ha la sensualità di una cernia. È il protagonista e si chiama Luca Marinelli. Accanto a lui, comprimari altrettanto spaesati: da Ginko/Mastandrea ci si aspetta che da un momento all'altro dica "Montalbano sono!", la ex Miss Italia Miriam Leone/Eva Kant recita come se avesse una imbracatura da trekking e un problema di emorroidi e, più in generale, tutti gli attori si limitano a recitare battute rigidamente da fumetto. Attesissimo dal pubblico come uno degli eventi cinematografici degli anni della pandemia, Diabolik è il peggior film dei fratelli Manetti.
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