Regia di Sydney Sibilia vedi scheda film
A due passi dai comunisti! Ma quali saranno mai stati gli oscuri, insondabili, forse inenarrabili fini d’una simile impresa assurdissima e arditissima? Chi i finanziatori occulti? L’ingegner Rosa voleva forse costruire una piattaforma offshore per il traffico d’armi? Per quello di droga? Al fine di panificare viscidissimi attacchi terroristici “rossi” su suolo italico?
Il tutto su una piattaforma di 400 m2 in bella vista nel bel mezzo del mare fornita unicamente di qualche rudimentale costruzione e “popolata” da gente che balla, beve, si diverte e (eresia, blasfemia, orrore!) magari si dedica a quella particolar attività? (Lasciando peraltro impropri e inopportuni segni “epidermici” della cosa persino sulle prime pagine dei giornali, col rischio magari d’ingenerare una crisi da shock anafilattico nell’ineffabile residente di San Pietro…). Quando si dice i pericolosi esperimenti sociali e le paranoie da guerra fredda.
Ora, a parte gli scherzi, oggettivamente il film di Sibilia presenta la sua buona dose di difetti e sicuramente si prende diverse (qualcuno forse dirà un po’ troppe) licenze storiche, arrivando a divergere alquanto dalla “realtà dei fatti”, almeno per quanto se ne sa.
Tuttavia, così facendo, intende più che altro “universalizzare” in certo modo la vicenda, costruendo in definitiva una – per la gran parte divertente e comunque rispettabile – celebrazione dello spirito d’iniziativa individuale e, soprattutto, della necessità di perseguire i propri sogni, a dispetto delle avversità. Inutile sottolineare come non sia ravvisabile nulla di particolarmente rivoluzionario, geniale od originale in un simile messaggio.
Ma s’apprezzano innanzitutto la totale assenza di scenette retoriche, ricattatorie e strappalacrime, le abbondanti iniezioni d’ironia (con contorno di battute e battutine sovente riuscite), e poi le buonissime prove rese dagli attori (al di là del protagonista, da citare sono almeno il Lidi interprete dell’amico Maurizio forse sin troppo disposto ad usare i calabresi come capro espiatorio e il Bentivoglio interprete di Restivo, capace nonostante tutto di strappare spesso il sorriso), in buona misura la ricostruzione d’ambiente, l’assenza di perdite di tempo e la serenità e scioltezza dell’insieme.
S’apprezzano un po’ meno, invece, certe discutibili tendenze alla semplificazione estrema, forse anche imputabili a ristrettezze di tempi e budget (difatti, per dirne una, la costruzione della piattaforma pare realizzarsi in quattro e quattr’otto…), allo scarso approfondimento tanto del contesto quanto dei personaggi (diversi dei quali appaiono non poco tagliati con l’accetta, finendo per assomigliare più a maschere grottesche o stereotipate piuttosto che a personalità reali, realistiche o quantomeno credibili [e non è il caso solamente del presidente del consiglio o del ministro dell’interno, s’intende]), e all’oleografia patinata.
In ogni caso, L’incredibile storia dell’Isola delle Roseè un film che suscita simpatia – se non altro grazie ad alcuni momenti esilaranti e alla trama intrigante pur nel suo essere fortemente romanzata –ed è meritevole di considerazione visto il suo tentativo di produrre qualcosa di diverso dalle solite commediole cretine d’ordinaria amministrazione e in generale di produrre qualcosa di anche solo marginalmente “nuovo” (conseguendo risultati nettamente superiori a quelli del recente La belva, sempre prodotto da Rovere & Co.).
Al tirar delle somme, nulla di sensazionale, ma l’opera la sua sufficienza se la guadagna appieno. Con buona pace anche di “taluni” critici, a quanto pare scandalizzati a tal punto dal linguaggio “sboccato” da arrivar ad affermare che non ci si diverta per nulla. Al contrario, a modesto avviso di chi scrive, ci si diverte alquanto. E tanto basta.
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