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L'incredibile storia de L'Isola delle Rose

Regia di Sydney Sibilia vedi scheda film

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La recensione su L'incredibile storia de L'Isola delle Rose

di Andreotti_Ciro
7 stelle

L’ingegner Giorgio Rosa, appassionato di meccanica, di costruzione di oggetti di ogni genere e poco incline a una professione comune e inquadrata, nel 1968 ha l’idea di costruire oltre sei chilometri dalla Riviera Romagnola, fuori dalle acque territoriali italiane, una piattaforma ribattezzata “L’isola delle Rose” ovvero uno stato libero, indipendente e con una lingua ufficiale (L’esperanto).       

 

Sydney Sybilia ricompone il sodalizio con il regista, amico e produttore Matteo Rovere, con il quale fra il 2014 e il 2017 è giunto al successo con la trilogia di Smetto quando Voglio, esordio fragoroso e fra I più promettenti degli ultimi anni esattamente a metà tra la riflessione sociologica e la commedia. Questa volta il regista Salernitano mette mano a una vicenda che dalla riviera romagnola è stata storicamente rimossa tanto velocemente come la piattaforma create dall’Ingegner Rosa, un Elio Germano che spogliatosi dai panni di Antonio Ligabue si è nuovamente calato nella parte di un sognatore fuori dagli schemi ma con i piedi ben saldi per terra, o ancora meglio sarebbe dire poggiati sul fondo del mare. Germano, che ha studiato e visitato Bologna per apprenderne usi, costumi e ovviamente la cadenza dialettale, si muove con fare disinvolto fra il sogno paterno di mettere al servizio della comunità la sua inventiva e quello di non piegarsi a una vita comune a quella di tanti altri ingegneri come lui. Oltre al sogno di un uomo che non voleva omologarsi la pellicola, uscita a inizio dicembre per Netflix, vira in direzione della commedia quando a essere coinvolte sono le cariche istituzionali in particolar modo Luca Zingaretti, nella ruolo del Presidente del Consiglio Giovanni Leone, e Fabrizio Bentivoglio in quello del Ministro Dell’Interno Franco Restivo. Unica pecca di una pellicola godibile che ricostrusice romanzando una vicenda caduta nel dimenticatoio, il linguaggio e gli atteggiamenti di una generazione d poco più che ventenni che pare quella d’oggi proiettata nei ‘60ies, nel complesso però si sorride, si riflette sul senso di libertà anarchica e ci si specchia in un passato remoto fatto di un boom economico inarrestabile e a suo modo omologante che solo qualche sognatore avrebbe potuto pensare di incrinare.

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