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L'incredibile storia de L'Isola delle Rose

Regia di Sydney Sibilia vedi scheda film

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La recensione su L'incredibile storia de L'Isola delle Rose

di mck
7 stelle

Send Me a PostCard from Utopia.

 

Due anni dopo la Radio Caroline di “the Boat That Rocked” di Richard Curtis (ove qui, invece, l’antenna trasmittente è una trivella per cercar l’acqua dolce-salmastra in mezzo al mare), mentre Cossiga lucida i manganelli, Andreotti scuote la capoccia e Leone passa la palla a Rumor, si recupera un dimenticato Franco Restivo (strategia della tensione - a latere e per inciso: oggi è il 12 dicembre -, mafia, terrorismo, contestazione generale…) e si fa fare all’Andrea Doria (memori de “il Caimano” in cui ci si chiedeva quanti anni fossero che non si vedeva un elicottero nel cinema italiano) quel che sa fare meglio: incrociare al largo [10 anni dopo sarà di stanza in VietNam, tra il Mar Cinese Meridionale e il Golfo del Siam, assieme alla Vittorio Veneto e con l’appoggio della Stromboli, per la diaspora dei Boat People sudvietnamiti e cinesi dopo il ripristino dell’ordine da parte degli eredi di Ho Chi Minh dopo la caduta / presa / liberazione di Saigon) per poi essere bonificata, demolita e smaltita nel 2001].

 


Spezzeremo le reni all’Albania!

L’opera… seconda (se si considera la trilogia di “Smetto Quando Voglio” un unico atto creativo) di Sidney Sibilia, da lui scritta con Francesca Manieri [due Laura Bispuri (Vergine Giurata e Figlia Mia), due Sibilia, due Niccolò Ammaniti (il Miracolo e Anna), due Rovere, più “il Rosso e il Blu”, “Amori Che Non Sanno Stare al Mondo” e “We Are Who We Are”: insomma, sa scrivere] e prodotta con Matteo Rovere e la loro Groenlandia, vive di momenti e di figure compartimentate e poco amalgamate tra loro: assolo e/o duetti attoriali molto riusciti [soprattutto Elio Germano (Romanzo Criminale, N - Io e Napoleone, Mio Fratello è Figlio Unico, Nessuna Qualità agli Eroi, Tutta la Vita Davanti, il Passato è una Terra Straniera, la Bella Gente, la Nostra Vita, Diaz - Don't Clean Up This Blood, Magnifica Presenza, Padroni di Casa, il Giovane Favoloso, Suburra, Bella e Perduta, la Tenerezza, Io Sono Tempesta, Troppa Grazia, Favolacce, Volevo Nascondermi), Leonardo Lidi (una "scoperta", un atto di casting "coraggioso" e una prova d'attore particolarment’eccellente, nonostante, ad esempio, la reiterazione assurta ad epitome d'inflazione della gag usurata sui calabresi cui viene sottoposto dal copione) e Andrea Pennacchi, e poi, con giusto una punta di incontrollato macchiettismo pseudo-sorrentiniano (parlo soprattutto di scrittura e coordinazione dei personaggi, non delle performance degl’interpreti), Fabrizio Bentivoglio e Luca Zingaretti] si alternano a scene con qualche problema (occhio allenato) di continuità interna durante gli stacchi e i raccordi a cambiare piano e campo [ad esempio, e questo inficia in parte anche la resa generale della prestazione attoriale, ciò accade all’interno della lunga sequenza del giro sul prototipo di automobile fai da te con Elio Germano e Matilda De Angelis ("Veloce Come il Vento", "Una Famiglia", "YouTopia", "the Undoing", "il Materiale Emotivo"): lei bravissima, ma gestita non alla perfezione].

Chiudono l’ottimo cast: Tom Wlaschiha, Violetta Zironi, François Cluzet, Teco Celio, Max Malatesta, Federico Pacifici, Alberto Astorri, Fabrizio Rongione, Giulio Farnese.
Fotografia: Valerio Azzali. Montaggio: Gianni Vezzosi. Musiche: Michele Braga.
Per l’utopia [che poteva essere - RSI (e no, non mi riferisco alla RadioTelevisione Svizzera di Lingua Italiana) - ucronia distopica se i "partigiani terroristi" (cit., sic!, e dio anubi) avessero perso]: Giorgio Rosa (1925-2017).

Buon uso di Eve of Destruction di Barry McGuire e di Send Me a Postcard degli Shocking Blue, con Jimi Hendrix e Rita Pavone che si contendono un posto al sole e i Dik Dik a fare da tratto d’unione, ma il momento migliore del film – e qualcosa vorrà pur dire – sono le fotografie e i cinegiornali d’epoca sui titoli di coda con annessa la “Sole Spento” (Pace - Panzeri - Pilat) di Caterina Caselli: acme in sublimazione.

La Val d’Aosta e Malta interpretano (se pur con esiti perfettibili) rispettivamente Strasburgo e l’Alto Adriatico (in culo alla schiatta dei Timotei Chalameti che come vecchie megere sputacchiano sentenze del tipo che Scarlett Johansson non può impersonare lesbiche o alberi).

 


“Giovanni, questo è un culo: e sono cazzi!”

Il film è una favola (nel senso di fiaba), e tra omissioni, limature e cangiamenti (aka: drammatizzazione romanzesca: un esempio minore e secondario, tra le forzature storico-politiche: le Twin Towers del World Trade Center di New York molto probabilmente rese come un po’ troppo in là nell’edificazione) mette in scena una fantastoria che non diverrà mitopoiesi, ma a livello musicarello (prendendo iperrealisti appunti cartolineschi da “l’Ombrellone” di Dino Risi ed Ennio De Concini, con alla fotografia il tardo-viscontiano Armando Nannuzzi) se la cavicchia.
Sarà stata la consulenza storica di Walter Veltroni a… Ma va beh.

Scena da mandare a memoria e che subito conquista: Leonardo Lidi che osserva gli operai-saldatori subacquei dell’Eni & Co. al lavoro. Memorabile e impagabile.

Una cosa è certa: questo è un film che può fare carinamente il BOTTO.

 

L'avevi creduto davvero / Che avremmo parlato esperanto?

L'avevi creduto davvero / O l'avevi sperato soltanto?

Ma che tempo... / E che elettricità!

Ma che tempo che è! / E che tempo che sarà!

 

* * * ¼ - 6 ½

 

(E comunque ho come un'improvvisa voglia, un'impellente necessità, di un amaro vero, ma leggero.)


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Pojanistan, anni ‘20:
- “Petra” di Maria Sole Tognazzi con Paola Cortellesi
- “La Belva” di Ludovico Di Martino con Fabrizio Gifuni
- “L’Incredibile Storia dell’Isola delle Rose” di Sidney Sibilia con Elio Germano
- “Stagione di Caccia” di Giulia Di Battista con Andrea Pennacchi   

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