Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Più icona politica o più icona cinematografica?
Come tutti i film dell'iconico Eastwood, assurto a simbolo dei "destrorsi" contestatori del "sinistrorso" pensiero unico, o moralismo globalista, senza cadute estremistiche, anche in questo caso si tratta di un racconto con un preciso orientamento politico-morale. L'intento di Eastwood non è puramente estetico; penso lo consideri un intento minore, di servizio, rispetto al tema politico rappresentato. Si tratta, più che altro, di un omaggio a tutti quegli impiegati ordinari nelle forze dell'ordine, eroi invisibili, che si trovano ad affrontare in prima linea i pericoli sociali. La società americana è rappresentata, sì, come una lotta di classe, ma, benevolmente tendente ai superiori (per Eastwood) e, al quanto teologici, valori nazionalistici (la bandiera) e capitalistici (l'agonismo liberista). I personaggi sono molto steriotipati e caricati, costruiti in modo da indirizzare la visione del pubblico verso la tesi deliberatamente precostituita. Da questo punto di vista è tutt'altro che una narrazione moderna che mostra la realtà in tutte le sue contraddizioni. C'è la giornalista, quindi donna, libera "come solo in USA " (sullo schermo), spregiudicata e ambiziosa nel modo di condurre le sue inchieste, che, verso la fine, rivela un'anima femminile, perciò sensibile alla verità. C'è il capo dell'FBI stronzo e carrierista, dalla tipica mascella virile ma intellettualmente ipodotato. C'è l'avvocato dal look casual-proletario, ma dall'intelligenza sveglia, autoironico e solidale verso i più svantaggiati. C'è la classica mamma corpulenta e incline al pianto, affezionata ai suoi contenitori della Tupperware. E c'è il protagonista: un ragazzone dai tratti vagamente autistici - non so se lo fosse nella realtà - ligio al dovere, fedele ai valori dell'arma, preparato e con guizzi inaspettati di arguzia, mai cinico, amico, persino di un gay, ma da cui ci tiene a prendere le distanze; in pratica un nerd, una brava persona se non fosse per l'hobby di ammazzare cervi (tempisticamente rimproverato dalla mamma appassionata di Bambi e dei film Disney in generale, in senso anti-kubrickiano), un'arsenale balistico nell'armadio e con problemi di salute dovuti alla sua voracità, che lo condurranno alla morte per infarto in giovane età. Attenzione agli inganni dell'intrattenimento narrativo, specialmente quello confezionato per compiacere la bontà del pubblico e che si spaccia per anticonformista, ma, solo in apparenza. E' facile da individuare: ci sono sempre elementi sentimentalistici sottolineati da una colonna sonora sdolcinata, e mirati siparietti umoristici. Nei racconti si possono cucire insieme elementi che nella logica reale assumerebbero tutt'altro aspetto. Chi mi dice che i problemi di salute di Jewell non fossero relativi al fatto di avere una madre eccessivamente presente nella vita del figlio, tanto da responsabilizzarlo oltre misura rispetto al suo destino, e che dunque, si manifesta sotto forma di compulsione dietetica? Non lo sapremo mai, per Eastwood era solo una brava persona con dei laterali problemi psicologici e di salute sconnessi tra di loro e rispetto ad un'impostazione della società. Consumismo, bulimia, competizione esasperata, bullismo, classismo, diseguaglianze, sensazionalismo. Dobbiamo fidarci della lettura della realtà proposta da Eastwood? I fatti si sono svolti, davvero, così o hanno subito una reinterpretazione? Io divido la visione di un film dal soggetto rappresentato, per cui posso, da una parte, essere solidale col tema trattato - la persecuzione sociale di un innocente - e, dall'altra, constatare la sua strumentalizzazione politica espressa attraverso l'opera d'arte - anche se personale rispetto ai modelli narrativi alla moda, è, comunque, propaganda. Per questo la costruzione estetica deve prevalere sul messaggio morale, ed, anzi deve essere essa stessa rivelatrice di un senso delle cose, non esprimibile in modi convenzionali.
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