Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Basato sulla vera storia dell’”eroe di Atlanta” raccontata in un articolo firmato da Marie Brenner per l’edizione americana di Vanity Fair del 1996 intitolato American Nightmare: The Ballad of Richard Jewell e, molto più recentemente, da Kent Alezander e Kevin Salwen nel libro The Suspect: An Olympic Bombing, the FBI, the Media and Richard Jewell, the man caught in the middle e con l’appoggio alla produzione di Leonardo Di Caprio e Jonah Hill, Clint Eastwood continua nel suo ultimo film ad attingere alla realtà americana, attraverso storie e persone vere e dal forte spunto biografico e, soprattutto, morale, un filone sempre più importante nella cinematografia del maestro americano a partire dal sorprendente Bird, sulla vita del jazzista Charlie Parker, e continuato con opere come J. Edgar, sul controverso “inventore” dell’FBI J. E. Hoover, fino allo sperimentale Ore 15:17 Attacco al treno o ancora in Sully, dove il pilota responsabile del “miracolo sull’Hudson” veniva perseguitato dalle sue stesse istituzioni per aver interposto le proprie decisioni personali (chiamiamole pure intuito o esperienza) ai rigidi protocollli stabiliti da regolamenti e calcoli astratti, e che in qualche modo anticipavano per contesto e tematiche questa sua ultima fatica.
Eastwood continua quindi con rigore e ostinazione soprattutto un discorso etico sul mondo e, soprattutto, sull’America di oggi, raccontando di un uomo semplice e ingenuo ma per bene e il cui quasi infantile senso del dovere (e di aiutare gli altri) lo porta a compiere un gesto che possiamo definire eroico ma che, proprio per questo, rischia di compromettere la sua stessa libertà.
E la cui unica colpa è stata di trovarsi nel posto giusto nel momento giusta ma di essere però la persona sbagliata.
Un uomo semplice, sovrappeso, remissivo da sembrare quasi sottomesso e che vive ancora a casa con la madre.
Un individuo quindi normalissimo, anzi diciamo proprio “medio” (inteso anche proprio come mediocre) che semplicemente non viene creduto perchè non ne ha l’aspetto o perchè dimostra di non essere l'archetipo di quello che la società avrebbe invece voluto come eroe.
Richard Jewell è quindi anche/soprattutto una parabola su come il potere, in questo caso i Mass Media e l’FBI, proceda ottusamente per luoghi comuni, seguendo etichette o imposizioni non sempre veritiere per costruire schemi e situazionii più adatte alle proprie necessità che non a determinare invece la realtà dei fatti, fatti ed elementii manipolati a piacere e secondo i propri fini indipendentemente da quanto queste rispecchino la vera natura delle cose.
Ed è propria la realtà, incarnata dal personaggio di Jewell, che non corrisponde affatto alla riscrittura fallace fatta da chi detiene il potere e quindi la lotta contro un tale sopruso, per cui il pubblico non può che fare il tifo, il vero cuore pulsante della pellicola.
Lo sproporzionato numero di forze messo in campo per incastrare un innocente che non ha nessuna intenzione di scappare ma che, anzi, collabora nonostante intendano incastrarlo (e in casi di colpevolezza su di lui pendeva la pena di morte), l’insensata ossessione dell’FBI e dell’agente Shaw nel trovare ad ogni costo e il prima possibile un colpevole (per coprire le proprie mancanze o semplicemente per dare uno slancio alla propria carriera), l’arrivismo cinico della carta stampata e della TV nel costruire una storia qualsiasi purchè faccia audience, non importa quanto sia vera o falsa purchè si sia i primi a raccontarla, sono una pesante atto d’accusa contro le mistificazioni di un “sistema” che funziona principalmente per proteggere se stesso, non il cittadino che al contrio rischia di venirne schiacciato, e con ben pochi mezzi a sua disposizione per difendersi.
Non mi sorprende affatto che questa pellicola sia stata anche osteggiata da parte della critica americana, infastidita da quanto rivelato dal film in un periodo poi in cui la gente ha sempre meno fiducia da quento viene riportato dai giornali.
Riguardo invece alla regia di Eastwood è classica quanto altrettanto essenziale, come da suo abitudine, e quando riesce a mettere a fuoco il dramma del protagonista lo è in modo potente e sincero, mai eccesivamente spettacolare, anzi quasi pudico per come entra nella vita di Jewell.
Una semplicità forse persino ordinario che ha però una sua funzionalità nel dare, grazie anche alla sceneggiatura di Billy Ray, principalmente rilievo e importanza soprattutto al dramma dei suoi protagonisti e, di conseguenza, alle capacità attoriali del cast, a partire dal sorprendente Paul Walter Houser nel ruolo di Richard Jewell, la cui somiglianza fisica col vero Jewell rende il tutto ancora più credibile, bravissimo nel rendere la pacifica innocenza di un uomo talmente buono da non riuscire ad accettare il male nemmeno negli altri, fino alla bravissima Kathy Bates (non a caso candidata all’Oscar) e tutti gli altri, dal sempre ottimo Sam Rockwell ai, seppur in ruoli minori, Olivia Wilde e Jon Hamm.
Non ci sono commenti.
Ultimi commenti Segui questa conversazione
Commenta