Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Quando vai al cinema con alte aspettative e poi il film è perfino meglio, il biglietto è ridotto e ti omaggiano di un buono sconto nella migliore gelateria della zona... beh, a quel punto di senti come Richard Jewell al termine della sua epopea, puoi continuare a credere nel tuo mito: lui nella polizia, tu nel cinema fatto bene. Voto: 9.
Quando vai al cinema con alte aspettative e poi capita che il film le surclassi perché è perfino meglio, scopri che il biglietto ti è costato meno perché era un pomeriggio di mercoledì e che, per giunta, ti hanno omaggiato di un buono sconto nella migliore gelateria della zona... beh, a quel punto di senti come Richard Jewell al termine della sua epopea, puoi continuare a credere nel tuo mito: lui nelle forze di polizia, tu nel cinema fatto bene.
Richard Jewell è il film più coinvolgente che abbia visto da tempo. Dura 129', che non sono pochi, ma fossero state pure cinque ore non avrei sentito bisogno di un break. Ho provato una sensazione simile durante la visione di Tre manifesti a Ebbing, Missouri, guarda caso un'altra pellicola sull'ottusità dei detective americani e con uno strepitoso Sam Rockwell nel ruolo di secondo violino. Forse imposterò questi criteri nella Ricerca Avanzata di FilmTv: potrei avere delle belle sorprese.
La storia ha un inizio apparentemente lento, in cui viene presentato il mondo del protagonista prima della tragedia, come prevede la sceneggiatura classica. Già in questa fase capiamo di essere di fronte a un gran film: nessun orpello, nessuna lungaggine didattica o "spiegata", i personaggi vengono introdotti con poche sapide pennellate. Conosciamo così Richard Jewell (Paul Walter Hauser), aspirante poliziotto imbranato ma leale, sua mamma Bobi (Kathy Bates - FilmTv ricorda che fu premio Oscar per Misery non deve morire, io non l'avrei riconosciuta...) e il grintoso avvocato Watson Bryant (Sam Rockwell).
Unico personaggio fuori registro è la giornalista rampante (Olivia Wilde), che fa partire il tam tam mediatico contro "il ciccione che vive ancora con la mamma" (forse consapevoli di aver esagerato con la caratterizzazione aggressiva, nel finale le viene attribuita una conversione sulla via di Damasco, molto posticcia, che sa tanto di lacrime di coccodrillo).
Da lì in avanti tutto gira come un orologio svizzero, sia nei momenti di tensione che di pathos.
Il mio vicino di posto, regista professionista, mi ha fatto notare che le scelte tecniche erano "perfette nella loro semplicità". Che cosa voglia dire esattamente non saprei, ma da spettatore profano ho sempre pensato che regia-fotografia-montaggio debbano essere come i tre arbitri nella pallacanestro: se sono veramente bravi, non si fanno notare.
La sintesi del messaggio per lo spettatore si trova forse nella risposta di Richard Jewell al suo avvocato, che tenta di scuoterlo dalla sua accomodante passività: "Io non sono quel tipo di uomo. Tu lo sei, ma io no". Di che tipo di uomo stanno parlando? A me è venuto in mente proprio Clint Eastwood, nei suoi celebri "personaggi con cappello e senza cappello"! Nella sua grandezza, è riuscito a confezionare un grande film attorno a un protagonista che, per certi versi, è proprio la nemesi di se stesso.
Insomma, per chiudere con il commento di una mia amica: "Clint Eastwood è proprio bravo. Anche se vota Trump".
Voto: 9.
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