Regia di Clint Eastwood vedi scheda film
Uno dei pezzi più pregiati della galleria di personaggi eastwoodiani.
Durante un’intervista alla televisione, l’avvocato Bryant dice del suo assistito Richard Jewell: “L’ho guardato negli occhi, mi fido di lui”. Ed in effetti, l’innocenza di Richard era una verità lampante, un’evidenza matematica. Ma questo mondo infingardo e mistificatore non è più fatto per le evidenze: una mela non è più una mela, una pera non è più una pera, e pure il bene non è più bene e il male non è più male. Clint Eastwood espande ancora di più il discorso di Sully, e stavolta l’uomo qualunque è il più qualunque che ci sia. Sovrappeso, celibe e ancora a casa con la madre, ovviamente bianco, ovviamente non omosessuale, Richard Jewell commette la grave colpa di scoprire una bomba durante le Olimpiadi di Atlanta, dando l’allarme e consentendo di salvare molte vite. L’FBI immediatamente sospetta il nuovo “eroe”: è stato lui, poliziotto fallito, a piazzare la bomba e poi dare l’allarme a bella posta per finire sui giornali. Richard Jewell finirà quasi schiacciato dalla morsa letale congiunta dell’FBI e dei media…
Come in Sully, anche qua la società del consumo e del modello di consumatore ideale, dell’omologazione verso il basso, dello Stato onnipresente, onnifacente e onnipotente, non concede all’individuo la possibilità di essere eroe, ci devono essere per forza il difetto, il sotterfugio, la macchinazione, l’inganno. L’individuo è sempre centrale nel cinema di Clint Eastwood, il quale, al riparo dalle ideologie, da connotazioni politiche, da pistolotti moralistici ed edificanti, parla degli individui basandosi unicamente sul loro agire. Evidenze, verità incontestabili, nessun giudizio, nessuna condanna, nessuna indignazione d’accatto. Clint Eastwood riafferma il primato della realtà sensibile. Certo, in tempi di woke galoppante, anche l’assenza di un’ideologia diventa essa stessa ideologia reazionaria, conservatrice, repubblicana. A noi va benissimo così.
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