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Shakespeare in Love

Regia di John Madden vedi scheda film

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La recensione su Shakespeare in Love

di LorCio
6 stelle

Shakespeare in amore, letteralmente. Will innamorato. Il giovane artista non è ancora diventato lo Shakespeare che tutti conosciamo, è ancora un uomo trentenne alla ricerca di un’ispirazione. Lo sfondo di questa furba commedia premiata con 5 Oscar è la Londra del 1593, quella dei teatri rivali fra di loro, delle compagnie artistiche nelle quali gli uomini interpretano anche alle donne. Perché a loro è vietato calcare il palcoscenico.

 

Non è d’accordo una giovane nobildonna biondina, Lady Viola, completamente immersa nella passione per l’arte che fu dei nostri padri della Grecia. E l’incontro con William non può che provocare scintille. D’amore. Si traveste da uomo ed ottiene la parte di Romeo. Sì, perché Shakespeare sta cercando di costruire una storia intorno a due innamorati a Verona: Ethel, figlia di un pirata, e Romeo, nobiluomo. E dalla propria esperienza personale, e anche grazie agli aiuti dell’amico Marlowe, il nostro riesce a mettere in piedi la commedia. Ma ci si mette il prepotente pretendente di Viola, che vuole la ragazza tutta per se e lontana dai teatri, e da William. Gliel'ha detto pure la Regina in persona…

 

John Madden ha diretto un film per signore, o meglio, una di quelle opere pomeridane da guardare sorseggiando un po’ di the. Il grande errore è stato quello di esibire una presunzione arguta e astuta, che quasi appesantisce la commedia, rendendo pretenzioso ciò che poteva essere più che delizioso. Il grande mestiere inglese raramente riesce a legarsi con l’ambizione di Hollywood e, pur essendo british, è palese il clamoroso abbaglio di forma e stile compiuto. La sceneggiatura, molto più che un canovaccio intelligente, mescola realtà e finzioni, fatti vere e leggende, personaggi fittizi e realmente esistiti.

 

Non sempre il mix funziona (vedi la morte di Marlowe). La cornice scenografica s’inserisce naturalmente bene, l’atmosfera è a tratti teatrale e nel vasto cast meritano una menzione almeno Judi Dench come regina tagliente e schietta (tuttavia l’Oscar è stato elargito con generosità: la stessa Dench, nel ritirarlo, sottolineò gli otto minuti in cui era in scena; ma forse era un risarcimento per la mancata attribuzione per La mia regina nell'annata precedente), il mestiere di Geoffrey Rush, un Rupert Everett vissuto e la maternità di Imelda Staunton. Magnanima la statuetta assegnata ad una Gwyneth Paltrow non eccelsa. Così come quella data al film. Classico capolavoro distributivo di Harvey Weinstein.

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