Regia di Julian Richards vedi scheda film
Ennesimo tentativo (il settimo, al netto di qualche episodio realizzato per serie TV) di un regista che ha purtroppo costanti possibilità di (ri)tentare il debutto. Senza mai riuscire nell'intento, avendo in curriculum -questo film compreso- cosette inqualificabili.
Una bambina nata morta viene rapita da Ken (Chaz Bono), addetto all'obitorio e testimone della sua resurrezione provocata dall'energia elettrocinetica, sprigionatasi casualmente per un guasto. Tess (Kayleigh Gilbert), all'età di sedici anni, uccide Ken liberandosi di un bracciale che ne limita i poteri. Infatti la rediviva ha la capacità di interagire con la corrente elettrica, governandone le forze, e si mette alla ricerca della madre: Lena (Barbara Crampton), un'interprete cinematografica impegnata come insegnante in una scuola per aspiranti attori.
Il fatto che Julian Richards abbia in curriculum diversi titoli, tutti dimenticati, tra i quali il più "celebre" (ma altrettanto inguardabile e arrivato da noi direttamente in home video), realizzato nel 2003, è The last horror movie, dovrebbe dare indicazioni precise anche su questo Reborn. Che infatti, in perfetta sintonia con l'intera produzione di Richards, definire un brutto film è un eufemismo. Colpa in prevalenza di una scadente sceneggiatura (a firma di Michael Mahin) che plagia banalmente sia il bel Carrie (1976) di De Palma che il brutto Fenomeni paranormali incontrollabili (1984) di Mark Lester. E colpa anche, in maggior parte, di una brutta e sciatta regia, accompagnata da una pessima fotografia, frutto di uno pseudo cineasta mai in grado di affrontare il genere. Perché, per quanto inserito nel catologo horror, Reborn passati i primi cinque minuti finisce per essere un melenso dramma sentimentale, che mal elabora il concetto dell'aborto -e i sensi di colpa susseguenti- sperimentati da una madre mancata.
Bisognerebbe invece istituire, al pari del premio Oscar ma con opposto obiettivo, un riconoscimento particolare per quegli attori che non azzeccano più un film, il cui nome nel cast artistico diventa esso stesso simbolo di "titolo da evitare". A parte la palma di "Tapiro d'oro" (grazie a Striscia la notizia che ci suggerisce di citare la loro geniale trovata) per Nicolas Cage, ci vengono in mente Bill Mosely (il testa di latta in Non aprite quella porta 2) e Kane Hodder (il primo e più celebre Jason Voohrees). Mentre tra le attrici, oltre a Lin Shaye (ormai costretta in ruoli di anzianotto pesce lesso, con espressioni ebeti e dialoghi da finto svanita, nonché spesso un po' medium), al secondo posto (dopo Cage che è obiettivamente irraggiungibile), troveremmo certamente Barbara Crampton, simbolo erotico di un tipo di horror demenziale (ma divertente) di metà Anni '80, oggi improponibile (Re-animator e The beyond, entrambi per la regia di Stuart Gordon e Supermakert horror di Wynorski). Povera Barbara, chiamata negli ultimi anni, con costanza, a calcare set di film che non hanno la minima speranza di uscire dallo squallido ghetto dell'amatorialità (intesa qui in senso pienamente negativo).
"Quanti esseri hanno attraversato la vita senza mai svegliarsi! E quanti altri si sono accorti che stavano vivendo solo per il monotono tic-tac degli orologi!" (Émile Henry)
F.P. 29/09/2019 - Versione visionata in lingua inglese (durata: 76'45")
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