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Everybloody's End

Regia di Claudio Lattanzi vedi scheda film

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La recensione su Everybloody's End

di giurista81
5 stelle

Claudio Lattanzi torna al cinema e lo fa con la voglia di far bene. Da un punto di vista tecnico, pur se limitato da un budget pressoché inesistente, Everyblody's End (titolo orribile che sembra fare il verso a un pezzo da disco music anni '70) è una pellicola di gran lunga sopra le aspettative. La regia è ispirata, tra carrellate, movimenti circolari e continui dettagli. Lattanzi dimostra di aver appreso gli insegnamenti dei suoi maestri (Argento e Soavi) e dirige con mano sicura, ricordando in molte inquadrature quelle di Lamberto Bava in Demoni (le carrellate indietro con ripresa degli stivali di un gruppo di soggetti che avanzano in direzione della macchina da presa). Fungono da grosso valore aggiunto, inoltre, le musiche e gli effetti sonori di Luigi Seviroli (altro collaboratore di Soavi) che propone persino una traccia degna di un western.

Non deludono neppure le interpretazioni. Cinzia Monreale, ancora bellissima e memorabile attrice di Lucio Fulci (L'Aldilà) e Joe D'Amato (Buio Omega), è una Milla Jovovich "de noi attri" sebbene con qualche anno in più. La sua è una prova convincente, così come spiccano Giovanni Lombardo Radice (il suo personaggio, in verità, è un po' pomposo) e il gruppo di attori più giovani (tra cui il regista underground Lorenzo Lepori). Piccola particina per Marina Loi, che finirà crocifissa.

Importante il cast tecnico, dove a fianco di Ivan Zuccon, nel duplice ruolo di operatore e direttore della fotografia, ci sono anche Sergio Stivaletti agli effetti speciali (e in un cammeo) e il grande Antonello Geleng quale supervisore alle scenografie (in realtà modeste e limitate a uno scantinato). Una grande reunion, dunque, che tuttavia fallisce laddove avrebbe dovuto essere solida. E' infatti il soggetto a non convincere. Lattanzi mette in scena, con largo ricorso al green screen e a scenografie in background ricostruite al computer, quello che sembra essere un vero e proprio post-atomico. Peraltro, in questo anticipa, il romanzo di Lamberto Bava Il Terzo Giorno.

Una non meglio precisata epidemia ha ridotto l'umanità al lastrico, tanto che sopravvivono due distinti gruppi ben definiti: da una parte gli sterminatori (una sorta di ronde che uccidono brutalmente gli infetti) e dall'altra i superstiti. Un gruppo di sopravvissuti, un po' come avviene per i protagonisti de L'Ombra dello Scorpione di Stephen King, si ritrovano guidati da un sogno nel medesimo luogo, radunandosi attorno a un teologo che sa come ristabilire il bene sulla terra. La storia fatica ad andare avanti, pecca di sequenze ripetitive e di momenti eccessivamente verbosi (insopportabili le filippiche del personaggio di Lombardo Radice) nonostante la durata sia di poco superiore all'ora. Lattanzi sembra voler girare un action (senza zombi) alla Resident Evil, ma alla fine vira il tutto in un delirante epilogo in cui, senza che si capiscano bene gli inneschi, si passa al filone legato al vampirismo, con tanto di colpi di scena, spose di Dracula e persino un assurdo momento metacinematofrafico in onore di Nosferatu. L'esperto Antonio Tentori (già collaboratore di Fulci, D'Amato, Stivaletti, Mattei e Argento) prova a proporre un qualcosa di nuovo e di originale, una contaminazione che non riesce e che lascia un po'di amaro in bocca. L'alchimia di fondo, infatti, era quella giusta e tutto lascia sperare che Lattanzi ci riprovi, poiché le abilità e i numeri sono quelli giusti. A tratti gradevole.

 

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