Regia di Lucian Pintilie vedi scheda film
Che il capolinea non sia il paradiso lo si capisce dalla caccia all’uomo che apre il film. La polizia uccide il fuggiasco e la gente che lo guarda morire applaude i poliziotti. Quella che segue sembra, in flashback, la storia del morto. Lui, Mitu, fa il guardiano di maiali. Incontra Norica, cameriera. Si ubriacano insieme, fanno l’amore. Però: Norica è la donna di Gili e Mitu deve andare militare. Contro tutto e tutti, Mitu vuole Norica, distrugge con un carro armato il bar di Gili, finisce in un campo di punizione (con un sergente che parla rumeno e impreca in americano come fossimo in “Full Metal Jacket”), scappa per riprendersi Norica. Il tutto raccontato con secchezza esemplare e dolorosa consapevolezza che fuggire non si può, che non c’è un cane che ti possa aiutare e capire e che, se uno lo trovi, anche lui viene fatto fuori. Destino segnato. Ma Mitu non muore alla stessa maniera del fuggiasco dell’inizio. Non era dunque lui il primo a morire. All’Est niente di nuovo: si continua a cercare il paradiso e si trova la polizia coi fucili. Pintilie, lucido e duro.
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