Regia di John Dahl vedi scheda film
Temi certamente non originali, ma il film è ben fatto e si segue volentieri.Bravi gli attori.
Mike McDermott, all’epoca un giovanissimo Matt Damon, è un promettente studente di giurisprudenza, ma la sua autentica e insana passione è il poker, in cui eccelle veramente. Per provare a fare il colpaccio una sera decide di sfidare Teddy detto KGB, un sempre grande John Malchovich, mafioso di origine russa, proprietario di un losco club privato, ma all’ultima mano, pensando ad un bluff del suo avversario, si gioca tutto e perde. Lo ritroviamo dopo mesi, ha ormai cambiato vita e mollato il poker, anche per mantenere a una promessa fatta alla fidanzata, per mantenersi all'università lavora come fattorino. Ma quando esce da prigione, lo sciagurato vecchio socio Lester "Verme", indebitato fino al collo, costui lo incastra e lo coinvolge nuovamente nel gioco, tradendo le attese della sua ragazza, che infatti, quando intuisce la ricaduta di Mike, lo lascia oltretutto verme gioca “sporco”, bara in pratica. Cosi a caccia di "polli"una sera i due si ritrovano a giocare in un club di poliziotti, dove i trucchetti di Lester sono sgamati e loro vengono solennemente bastonati, Verme scappa e Mike si trova da solo a dover risarcire tutti i debiti dell'amico. Il ragazzo chiede dei soldi al saggio ma prudente amico Knish, che rifiuta di aiutarlo, per poi rivolgersi al professor Abe Petrovsky, che ammirando il talento del giovane per questo gioco, lo foraggia con un prestito di 10000$. Con questa cifra Mike sfida di nuovo Teddy KGB a un "heads-up," per i non addetti, si tratta di un poker tête-à-tête, con soli due giocatori, “all’ultimo sangue" Dopo una dura partita, che dura un’intera notte e reggendo alle provocazioni del suo avversario, riesce a sconfiggere Teddy vincendo 60.000$, con cui paga tutti i debiti e racimola anche la somma che gli serve per recarsi a giocare il torneo a Las Vegas. La buonanima di mia madre, tutte le volte che da ragazzo, tornavo a casa, con le pive nel sacco, dopo dannose e dannate nottate, trascorse davanti ad un tavolo verde, mi ripeteva una massima, che forse aveva sentito da qualche parte o magari l’aveva inventata lei: ”Io non sono addolorata, perché hai perso, ma piuttosto perché ti vuoi rifare” Poche parole per esprimere un concetto chiave, per chi pratica e si “ammala” di gioco, ciò che è perso è perso, ormai è andato, ma quello che preoccupa di più, è la fame di riscatto, la brama di rivincita, che ogni soggetto ludopatico subisce e da cui è travolto, in un passaggio del film il protagonista fa una riflessione fuori campo: “Chiedete ad un giocatore se pensa alle vincite, no ricorda unicamente le sconfitte” e sono quelle la molla che lo rimette in un circolo vizioso, da cui è difficile uscire. A parte questa personale digressione, tornando a bomba sulla pellicola, pur non proponendo temi nuovi, è comunque una storia più che verosimile e soprattutto inquadra molto bene, la psicologia perversa e autodistruttiva del giocatore incallito
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