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La sottile linea rossa

Regia di Terrence Malick vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su La sottile linea rossa

di port cros
9 stelle

A distinguerlo dal resto della cinematografia bellica è che a Malick non interessano più di tanto i dettagli storici della II Guerra Mondiale sul fronte del Pacifico, quanto piuttosto la riflessione filosofica sul significato del male e della violenza, per cui il conflitto costituisce la cornice di un'opera essenzialmente introspettiva.

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Le prime scene vedono due soldati americani, tra cui il soldato Witt (Jim Caviezel) che può essere individuato quale protagonista di questa pellicola corale, vivere in armonia, al di fuori del contesto bellico, con le popolazioni locali e la natura in una idilliaca isola del Pacifico, sorta di Eden primordiale ed incorrotto in cui l'uomo può esprimere la sua natura migliore. Ma l'idillio si interrompe con l'apparizione di una nave da guerra, che recupera i soldati e li rinvia alla loro compagnia, pronta a dare l'assalto ad una collina di cruciale importanza strategica per la conquista di Guadalcanal.

 

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Il sanguinoso assalto alla collina tenuta dai giapponesi, che mitragliano dall'alto il battaglione americano faticosamente ascendente le sue pendici, occupa la parte centrale dell'opera e ne costituisce la sezione più incentrata sull'azione bellica, ma si inserisce tuttavia nella meditazione sulla natura dell'uomo e della guerra stessa. Opposta alla brutalità che “avvelena l'anima” della guerra è l’armonia della natura, per cui Malick lungo tutta la pellicola distoglie periodicamente lo sguardo dal campo di battaglia per inquadrare le maestose chiome degli alberi, la lussureggiante vegetazione e la fauna esotica dell’isola o un uccelletto caduto dal nido nel mezzo dell’infuriare della battaglia oppure per ritornare all'idillio iniziale sotto forma di flashback. Il film si era aperto con l’immagine di un coccodrillo, bestia letale e rappresentazione del lato feroce della natura, e con le prime questioni esistenziali, le prime della lunga serie che si snoderà lungo tutta la pellicola:"Che cos'è questa guerra nel cuore della natura? Perché la natura è in lotta con se stessa?” .

 

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A distinguere La Sottile Linea Rossa dal resto della cinematografia bellica è che a Malick non interessano più di tanto i dettagli storici della II Guerra Mondiale sul fronte del Pacifico, quanto piuttosto la riflessione filosofica sul significato del male e della violenza, per cui il conflitto costituisce la cornice di un'opera essenzialmente introspettiva. Le domande esistenziali ci arrivano sovente in forma di voice-over quali monologhi interiori dei soldati, come Witt che si chiede cosa sia quell'immortalità di cui sente parlare, ma che non ha visto, e che comprenderà risiedere nella calma con cui l’anziana madre aveva affrontato la morte e che lo stesso Witt dimostrerà alla pattuglia giapponese che lo sorprende in fuga.

 

Sguardi inediti su

 

Ma gli interrogativi filosofici emergono anche dai dialoghi tra i soldati, in cui mettono a confronto opposte concezioni della realtà: è questo l’unico mondo, in cui un uomo da solo non è nulla, come sostene il pragmatico Sergente Welsh (Sean Penn), o c’è un altro mondo, quello che Witt afferma di aver visto nel suo periodo coi melanesiani? Lo scontro sulle modalità di conduzione dell'assalto svela la natura degli uomini: così il capitano Staros (Elias Koteas) si rifiuta di obbedire agi ordini del colonnello Tall (Nick Nolte) che vorrebbe imporgli di sacrificare inutilmente le vite dei suoi uomini e intraprende invece l’azione necessaria salvaguardarle, al costo di disobbedire agli ordini urlati dal superiore, un guerrafondaio esaltato e carrierista, esausto per la lunga attesa di una “vera guerra” che finalmente è arrivata, al punto da dichiarare assurdamente di invidiare i giovani soldati che manda a morire, perché in così giovane età possono subito misurarsi con un conflitto combattuto sul campo di battaglia, mentre lui ha dovuto perdere anni negli studi teorici.

 

 

 

Malick rivolge uno sguardo profondamente umano ai giapponesi sconfitti, quando anch'essi entrano nel suo affresco: all'inizio sono una forza tanto letale quanto invisibile, poi mere silhouette che si stagliano sul fianco della collina ed infine, dopo la sconfitta in battaglia, esseri umani a tutto tondo, travolti dalla tragedia dell'umiliazione e dalla paura della morte. Commovente nella sua terrificante ammonizione, il volto semi-sotterrato di un nemico caduto comunica in voiceover al soldato Witt, ricordandogli la comunità delle loro esperienza umana.

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 Film che ha segnato, dopo venti anni, il ritorno di Terrence Malick dietro la macchina da presa, vede la nascita di quel peculiare stile visivo contemplativo che lo accompagna fino ad oggi, qui ancora in equilibrio tra narrazione e contemplazione, mentre quest'ultima prenderà il sopravvento nelle opere successive a partire da The Tree of Life. La cura meticolosa della messinscena e e la meraviglia dell'immagine (splendida fotografia di John Toll)  risultano pertanto essenziali ad elevare l'animo verso la ricerca di un livello superiore, lasciandosi alle spalle le bassezze rappresentate dalla violenta crudeltà dei combattimenti. Il senso della trascendenza è trasmesso attraverso i movimenti armoniosi della mdp che si muove bassa e sinuosa tra l'erba alta regalandoci inquadrature di ricercata bellezza, quando non devia per inquadrare un opossum o una serpe, ed esalatalo dalle musiche maestose di Hans Zimmer, che si mescolano ai canti tradizionali melanesiani.

 

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L'affollatissimo cast è straordinario, dai giovani attori che sarebbero esplosi negli anni 2000 (Caviezel, Brody, John C. Reilly) a ottime prove dei già veterani Nick Nolte (poderoso) e Sean Penn. Maggiore perplessità suscitano le megastar Travolta e Clooney utilizzate per fulminee apparizioni in personaggi dimenticabili.

 

 

 

 

 

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