Regia di Terrence Malick vedi scheda film
Guerra. Natura. Uomini. Altri uomini. Un succinto ballo di coppia che mostra come l'uomo sia nella natura a suo agio seppur, nel suo vivere, sia costretto alle guerre ed al sangue. Uno scontro di volontà, fra chi ha il compito di uccidere e chi glielo ha impartito. Mentre la natura guarda, dondolandosi, sull'erba alta di una collina.
Guadalcanal (Isole Salomone - Sud del Pacifico), 1942: la compagnia di fucilieri Charlie, di un reparto dell'esercito statunitense, viene mandata alla conquista di un campo d'aviazione giapponese posto in cima ad una collina dell'isola. Il gruppo di militari è guidato dal mite capitano Staros, agli ordini dell'ambizioso colonnello Tall; durante il lungo assalto alla collina si consumeranno le vicende e i tormenti interiori di un gruppo di uomini costretti a confrontarsi con i propri doveri e la follia della guerra, mentre la natura, lussureggiante e indifferente, sembra cullarli e contrapporsi alla loro logica.
Il film pur raccontando la guerra non la esibisce come protagonista (si pensi che nei primi quaranta minuti non viene sparato un colpo), ma la inserisce in una narrazione esterna e conseguente all'indole dell'uomo nel lussureggiare della natura. Li contrappone ad una natura che li osserva, li culla, ma mai li giudica; ad una natura che prosegue il suo essere e compie il ciclo che le compete.
Malick, è evidente, vuole utilizzare la guerra per raccontare l'uomo, per raccontare le atrocità che gli competono, ma anche la bellezza della freschezza nei suoi occhi che si riempiono della visione di semplicità e di naturalezza della natura che lo circonda. Il cercare, sempre, di fermarsi e di assaggiare l'aria, cullarsi fra l'erba alta, godersi il vento ed il riparo di una grossa pianta, il sole sul viso o l'acqua scendere in un fiume ed ancora la non violenza del cuore, il terrore di uccidere, la non volontà di uccidere, la ricerca della pace nella guerra. Mette quindi in risalto la contrapposizione fra natura placida, a volte tremenda, ma mai cattiva e la crudeltà umana che trova la sua iperbole in alcune inquadrature e battute che lasciano intuire allo spettatore che gli stessi soldati odiino quello che fanno e che solo chi li comanda, chi è dietro e non ha mai vissuto una guerra di persona, li esorta ad uccidere, a togliere la vita ad un loro simile, mentre la natura li coccola e li consola in un mare verde d'erba esposta al soffiare del vento.
Nel film ricorrono spesso tormenti interiori di vari soldati, tutti co-protagonisti, ed il regista racconta, appunto, la loro storia e la loro evoluzione con riflessioni, analessi e voci fuori campo che ne esplicano i pensieri più profondi e reconditi. La pellicola doveva durare, secondo il montaggio di Malick, più di sei ore, così raccontando e sviluppando l'intera storia di ogni co-protagonista, ma il regista si vide costretto a tagliare molte parti del film e a portarlo ad una durata di circa tre ore per ordine della produzione. Rimane il dubbio di che cosa realmente Malick potesse raccontare se avesse avuto il final cut, vedendo, appunto, cosa è riuscito a fare pur essendo sotto la morsa imprenditoriale delle produzioni: un vero peccato.
Quindi, "La sottile linea rossa" è un film da vedere assolutamente, amanti o non del genere, perché fa riflettere, spalanca gli occhi, la mente e la bocca, colpisce l'animo e la sensibilità dello spettatore mostrando scene nude ed iperboli personali mozzafiato. La tecnica del regista è pressoché perfetta, la trama è ben strutturata, la sceneggiatura è composta, la fotografia è immensa: il film è un capolavoro. Per inquadrare chi sia Terrence Malick bisogna dire che molti attori famosi di Hollywood chiesero di poter recitare nel film, anche gratuitamente, ma Malick scelse di propria testa, libero da qualsiasi pressione o da giogo di potere.
Candidato e vincitore di molti premi, fra cui sette candidature all'Oscar, il film è divenuto un cult.
Prendetevi tre ore per voi e godetevi questo capolavoro di Malick.
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