Regia di Carl Theodor Dreyer vedi scheda film
No. Questo non deve essere Dreyer. Sicuramente può (e vuole), poichè lo stile piatto e teatrale è certo quello dell'ultima fase della carriera del regista danese, ma è altrettanto innegabile che non si possa permettere che un melodrammuccio così insipido vada a chiudere (sigillare?!) una filmografia ricca di capolavori come quella del Maestro. Gertrud è verboso e patetico, consta di lunghe scene, spesso filmate in pianosequenza o addirittura a camera fissa, con pochi attori e tanti dialoghi; il problema di fondo è che questi dialoghi sono di una vacuità e di una superficialità talvolta sconcertanti: 'Nella mia vita ho vissuto solo tre anni, i tre anni che sono stato con te'; 'Resta con me, possiamo vivere insieme come buoni amici': d'accordo che estrapolare una battuta da un contesto può costituire un espediente ingannevole, ma davvero queste non sembrano parole dette da un qualsiasi Ridge, da un qualsiasi personaggetto di una mediocre soap tutta cuore e passione? C'è di che schiaffeggiarsi: sia perchè è difficile credere che questo sia realmente un film di Dreyer - e l'ultimo, quando il regista aveva già licenziato opere d'arte come Ordet o Dies irae! -, sia per rimanere svegli, perchè nella staticità e nella loquacità soporifera della pellicola, che dura quasi due ore, non è facile resistere alle lusinghe del sonno. E' doloroso apprendere che Dreyer abbia voluto/potuto lasciare il cinema con questo polpettone dotato di scarsa profondità psicologica (al contrario una delle sue forze, notoriamente), ma è dura cercare di trovare qualcosa della consueta grandiosa magniloquenza del Nostro in questa opera assolutamente modesta. Soggetto teatrale (di Hjalmar Soderberg) sceneggiato da Dreyer. 4,5/10.
Gertrud è felicemente - in apparenza - sposata con un uomo che potrebbe diventare presto ministro; alle ambizioni politiche e materiali del marito, ella si oppone cercando un nuovo amore. Crede di trovarlo in un musicista, con cui ha una relazione che però presto scoppia. Gertrud sceglie quindi la solitudine.
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