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Regia di Carl Theodor Dreyer vedi scheda film

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La recensione su Ordet

di tafo
10 stelle

L'intensità della parola e la purezza del verbo. La religione come esempio morale da seguire rendendolo quello sì immortale. L'arte come ricerca della verità attraverso la perfezione formale. Il cinema in pochi piani-sequenza che affrontano la vita, la morte, l'amore e la diversità, la cui conoscenza ci insegna sempre qualcosa di inaspettato. La religione come abitudine, rito, dogma e paura già non esiste più per il regista che ironicamente ne svuota gli elementi spirituali a favore di quelli materiali. La contrapposizione tra i due capifamiglia è più pratica che teorica, le differenti visioni della vita e della morte si trasformsano in una ricerca quantitativa di adepti senza più nessun afflato mistico. La religione c'entra fino ad un certo punto, l'intensità delle parole miracolose del figlio ritornato a casa vengono accusate di pazzia dall'uomo di chiesa e non da quello di scienza. La purezza della bambina è nello sguardo del regista, in un finale che irradia una luce difficile da immaginare e da sopportare ache per chi come me non è religioso. Il vero miracolo è quello di un cinema intenso che continua a comunicare attraverso la parola che deve trasmettere un esempio di vita. La vera morte è l'incapacità di farsi capire, la volontà di svuotare il verbo di piegarlo alle nostre esigenze materiali senza più nessuna umanità a cui poter parlare.   

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