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Dies irae

Regia di Carl Theodor Dreyer vedi scheda film

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La recensione su Dies irae

di steno79
10 stelle

VOTO 10/10  Girato durante l'occupazione tedesca della Danimarca, "Dies irae" è un cupo dramma sull'intolleranza e i danni terribili che derivano da essa, forse memore della lezione di Griffith a cui già Dreyer si era ispirato per i suoi primi film, visivamente modellato sulle ricerche dei pittori fiamminghi fra cui Rembrandt. Al di là dei grandissimi meriti di ordine figurativo e formale, ben sottolineati da Andrè Bazin in una sua recensione elogiativa, il film resta un inno alla libertà umana e un grido d'orrore contro il fanatismo religioso e l'ignoranza, ancora attualissimo (se si scorre con attenzione la filmografia di Dreyer, si vedrà che il tema dell'oppressione religiosa è presente in molte opere, da La vedova del pastore alla Passione di Giovanna d'arco a Ordet, divenendo una costante forse legata ad esperienze autobiografiche). Memorabile il finale, con la protagonista costretta a confessare la sua "colpa" inesistente in un'atmosfera da inquisizione, ma le scene da citare sarebbero molte, a partire dalla passeggiata dei due innamorati fra i campi di grano (uno dei pochi momenti di serenità di tutto il film) per arrivare al terribile momento della morte del pastore Absalon. Nonostante il ritmo lento, è un film di notevole potenza drammatica e di rigoroso impianto figurativo, da annoverare fra i capolavori del regista. Intensa interpretazione della protagonista Lisbeth Movin, volto perennemente angosciato che non si apre quasi mai al sorriso; al suo fianco, nella parte del figlio del pastore, troviamo un tale Preben Lerdoff, attore sconosciuto in Italia ma che gli ammiratori di Dreyer ricorderanno come Johannes nell'altro suo capolavoro Ordet. È un peccato che il Dreyer di questa fase matura girasse soltanto un film ogni dieci anni, perché era sicuramente uno dei più grandi registi sulla scena internazionale, fra l'altro un regista che al centro delle sue opere mise costantemente la Donna; qui abbiamo a che fare con una rievocazione storica proiettata sull'oggi in uno dei momenti più terribili della Storia recente, e il maestro danese ne cava come sempre una pellicola densissima in cui non si sa se ammirare maggiormente la lucidità del contenuto o lo splendore della forma.

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