Regia di Carl Theodor Dreyer vedi scheda film
VOTO 10/10 Girato durante l'occupazione tedesca della Danimarca, è un cupo dramma sull'intolleranza e la superstizione, visivamente ispirato alle ricerche dei pittori fiamminghi fra cui Rembrandt. Al di là dei grandissimi meriti di ordine figurativo e formale, ben sottolineati da Andrè Bazin in una sua recensione elogiativa, il film resta un inno alla libertà umana e un grido d'orrore contro il fanatismo religioso e l'ignoranza, ancora attualissimo (se si scorre con attenzione la filmografia di Dreyer, si vedrà che il tema dell'oppressione religiosa è presente in molte opere, da La vedova del pastore alla Passione di Giovanna d'arco a Ordet, divenendo una costante forse legata ad esperienze autobiografiche). Memorabile il finale, con la protagonista costretta a confessare la sua "colpa" inesistente in un'atmosfera da inquisizione, ma le scene da citare sarebbero molte, a partire dalla passeggiata dei due innamorati fra i campi di grano (uno dei pochi momenti di serenità di tutto il film) per arrivare al terribile momento della morte del pastore Absalon. Nonostante il ritmo lento, è un film di notevole potenza drammatica e di rigoroso impianto figurativo, da annoverare fra i capolavori del regista. Intensa interpretazione della protagonista Lisbeth Movin, volto perennemente angosciato che non si apre quasi mai al sorriso; al suo fianco, nella parte del figlio del pastore, troviamo un tale Preben Lerdoff, attore sconosciuto in Italia ma che gli ammiratori di Dreyer ricorderanno come Johannes nell'altro suo capolavoro Ordet.
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