Regia di Richard Lagravenese vedi scheda film
Recensione molto stringata e non per lunghe tirate. Al personaggio di Danny, per quello incarnato dalla Hunter, non poco tira ma non voglio tirarmela. Comunque, in Lezioni di piano, Holly è figa.
Ebbene, oggi salteremo indietro nel tempo, giungendo alla fine degli anni novanta, per l’esattezza, al ‘98. In cui uscì, nelle sale, il film da noi ivi preso in questione, ovvero il delicato, poetico e melanconico, sofisticato e, ahinoi, a molti sconosciuto, Kiss (Living Out Loud), firmato da Richard La Gravenese.
La Gravenese, sceneggiatore rinomato, qui al suo assoluto esordio registico, cioè dietro la macchina da presa dopo aver scritto, giustappunto, film importanti quali La leggenda del re pescatore di Terry Gilliam e I ponti di Madison County di Clint Eastwood. Inoltre, recentemente, sceneggiò, assieme ad Art Linson (Fight Club, Black Dahlia), l’inedito The Comedian di Taylor Hackford (L’avvocato del diavolo) con Robert De Niro e, fra gli altri suoi interpreti, Danny DeVito. Il quale è, insieme ad Holly Hunter (Lezioni di piano), il brillante protagonista principale di tale pellicola da noi disaminata, Kiss.
Secondo la breve ma pertinente, perfettamente concisa ma esaustiva sinossi riportata da Wikipedia e, sottostante, testualmente trascrittavi...
«Una donna abbandonata dal marito cerca di rifarsi una vita. Trova solo solitudine e un amico non avvenente che l’ama, ma che lei non riesce ad amare. L’amicizia con lui tuttavia le restituisce serenità e le fa intravedere nuove speranze per il suo futuro».
La donna si chiama Judith Moore ed è incarnata dalla Hunter, mentre l’uomo, di nome, Pat, è naturalmente impersonato da DeVito.
Kiss dura cento minuti che scorrono via piacevolmente e, malgrado qualche enfatica, forse leggermente stucchevole parentesi troppo retorica e dolciastra, è un melò intimista e un film sentimentale girato con classe che, non poche volte emoziona e provoca il magone... Avvolgendoci, sensibilmente, al caldo interno morbidissimo della sua tenera love story agrodolce, platonica e “amicale” per Judith/Hunter e invece malinconicamente non corrisposta, dunque unilaterale, secondo il punto di vista di Pat/DeVito.
Eccelsa fotografia crepuscolare di John Bailey (Il bacio della pantera), esperto di atmosfere romanticamente autunnali e una sobria regia accorta da parte d’un LaGravenese che, per il suo primo opus, non strafà e non si perde in svolazzi pindarici non confacenti a tale bella e semplice vicenda di splendidi, buoni, toccanti sentimenti.
Nel cast, anche una giovanissima Queen Latifah (Il collezionista di ossa).
di Stefano Falotico
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