Regia di Terry Gilliam vedi scheda film
Prendere o lascire, una locuzione consona per descrivere gli eccessi di una regia degenerativa come questa di Terry Gilliam.
Un viaggio allucinato, onirico, sotto l'effetto euforico di una quantità spropositata di droghe psichedeliche: Lsd, mescalina, cocaina, etere dietilico, adrenocromo purissimo, popper, un po' di "maria" e tanto alcool (life style all'insegna della salute e dei buoni valori..). Musica giusta anni Sessanta. Cabriolet lussuose a nolo, e, ovviamente, camicie d'Acapulco.
Perfetto! - Se un lavoro vale farlo vale farlo bene..-
Questo probabilmente è il motto più citato da Raoul Duke (Johnny Depp), sciabordito omuncolo sdrogazzato. Giornalista per scelta alla ricerca del mito del sogno americano o di una filosofia di vita molto nichilista. Con lui il turpe fido amico, l'avvocato/avvofatto e all'occorrenza anche spacciatore Dr. Gonzo (di nome e di fatto), interpretato dal divertente Benicio del Toro.
Anno di grazia 1971, per scrivere un articolo bomba Duke sfreccia con il macchinone molleggiato in direzione di Las Vegas, per essere testimone oculare della più famosa corsa motociclistica del west, la Mint 400.. Se ne deve restare tranquillo nella sua suite aspettando le direttive del fotografo portoghese Lacerda. Il lavoro può produrre i suoi buoni frutti ma la droga e la compagnia dell'avvocato Gonzo nuociono gravemente sull'equilibrio, il baricentro è spostato, spostatissimo. Paura delirio e paranoia in un film non del tutto trascurabile che si prende gioco della società e dello spettatore. Sbarazzino e incurante di essere giudicato, sprezzante come Duke alla conferenza anti droga della polizia.. I momenti più empatici ci sono, ma vanno ascoltati. Scaturiti, narrati dalla voce fuori campo del protagonista. Da un handicappato e scandito modo di battere a macchina. Ricordi nostalgici, amari, di una cultura giovanile americana che non c'è più. Gli anni Sessanta culla della generazione hippy. Una subcultura pacifista e parzialmente ipocrita alla riscoperta dei valori ancestrali. Anche se sono passati pochi anni per Duke sembra un secolo e il conformismo fa capolino nella società statunitense. O pure altri momenti di grande cinema evidenziano le paure della titolare di un bar in periferia, terrorizzata dalla lama del coltello.. Un film imperfetto ma non troppo.. difficile da valutare. Johnny Deep qui "eccessivo" come non mai finisce per annoiare un po' complice una performance fin troppo simulata, premeditata ad hoc. Macchiettistica come le stesse vicende del film, simulando in maniera robotica le movenze di Hunter Stockton Thompson, autore del libro da cui è tratto il film. Meglio Benicio del Toro molto più convincente, immedesimato in una teatralità recitativa più spontanea, impareggiabile poi il breve ma intenso scambio di battute con Cameron Diaz. Non poteva mancare una giovane Cristina Ricci nel personaggio di Lucy, esordiente artista fanatica preda delle lercie avances dello sconcio avvocato. Un film indiscutibilmente per appassionati, Terry poteva e doveva fare di più ma io mi accontento. Peccato comunque, anche se "l'arlecchino" regista riesce quasi sempre a farsi perdonare.
5/10
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