Regia di Nicolas Pesce vedi scheda film
Tra remake, sequel, reboot e crossover, Kayako torna sugli schermi per la nona volta, in Italia (tredicesima in Giappone!). A dirigire, sotto l'ala protettiva di Sam Raimi, Nicolas Pesce: autore che tradisce così l'originalità che lo ha contraddistinto nei suoi precedenti lavori (The eyes of my mother e Piercing).
Cross River, 2006.
L'agente Muldoon (Andrea Riseborough), sta indagando su una serie di decessi inesplicabili, che riguardano diversi residenti di un'abitazione situata al civico 44 di Reyburn Drive. L'ultimo corpo, trovato in circostanze enigmatiche (su un'auto in avanzato stato di decomposizione), appartiene a Lorna Moody (Jacki Weaver), dottoressa esperta nella pratica dell'eutanasia.
2004
All'interno della casa maledetta Fiona Landers (Tara Westwood) uccide la piccola figlia Melinda (Zoe Fish) di soli sei anni, quindi -a ruota- il marito.
2005
Peter Spencer (John Cho), agente immobiliare, è il nuovo inquilino, affranto dalla complicata gravidanza, destinata con alte probabilità ad un parto subnormale, della moglie Nina (Betty Gilpin). Anch'essi sono destinati a una fine cruenta.
Lo stesso anno, la casa viene abitata dagli anziani coniugi Matheson: William (Frankie Faison) e Faith (Lin Shaye). L'uomo ha convocato Lorna Moody nel tentativo di accompagnare, dopo 50 anni di matrimonio, ad una "dolce morte" la moglie, afflitta da un male incurabile, convinto di poter poi convivere con il suo fantasma (!!!)
Ovviamente le cose prenderanno tutt'altra piega.
Mano a mano che gli ospiti si alternano nel fabbricato maledetto, hanno visioni spettrali dei precedenti inquilini.
Muldoon risale ad un ex collega, l'agente Wilson, detenuto in ospedale psichiatrico dopo essersi sparato in volto. E scopre che era entrato, come lei, all'interno dell'abitazione posta in Reyburn Drive.
L'origine di tutto è da individuare in Fiona Landers, essendo stata per lavoro in Giappone, all'interno di una casa maledetta.
Adesso anche Muldoon vede i fantasmi delle vittime, e decide di fuggire lontano, assieme al piccolo figlio Burke.
Ritornare sul luogo dove il "rancore" resta intrappolato, dopo una lunga serie di sequel, prequel, remake e crossover, è sicuramente un tentativo caparbio e artisticamente autodistruttivo. Sorprende che a farlo sia proprio Nicolas Pesce, autore di due piccoli gioielli di tutt'altro genere e originalissimi (The eyes of my mother e Piercing). Pesce, anche autore della squilibrata sceneggiatura, riprende pari pari il polpettone nipponico, adattando la storia al contesto americano. Evidentemente (in)castrato dal mainstream (trattando con un budget per lui stratosferico, pari a 10.000.000 di dollari), si trova costretto a battere il collaudato sentiero dell'horror più prevedibile e asservito alle major film studio (tra le quali rientra in pieno la Ghost House: sì, scordatevi il Sam Raimi de La casa), che stanno inflazionando il mercato con prodotti -paradossalmente premiati al botteghino- omologati e quasi indistinguibili l'uno dall'altro. Non a caso, nel cast, figura un'attrice che simboleggia questa tendenza, finendo per essere diventata una parodia di se stessa (Lin Shaye, anche qui ovviamente a fare grugni e sorrisetti in un ruolo da priva di "lume" della ragione).
The grudge, aggiungiamo noi 2020 (ai distributori non è toccato nemmeno la fatica di dargli un titolo diverso, avendo accortamente optato per evitare la numerazione sequenziale, corrispondente al n. 4), viaggia sui binari del disturbante, nel senso che saprà indisporre lo spettatore non sprovveduto e ancor di più quello che ha subito la sfiancante serie di tediosi predecessori.
Pesce lavora in maniera anonima, dirigendo piattamente un film dal taglio televisivo, caratterizzato da una schizofrenia che si esprime soprattutto sul piano temporale: inizia dalla fine, per poi passare con disinvoltura dal 2004 al 2006, tornare al 2004, poi di nuovo al 2006, quindi al 2005. Con un salto di tanto in tanto ora l'anno prima, poi l'anno successivo, riuscendo nella difficile impresa di rendere euforico l'ebbro spettatore che, non più in grado di seguire la storia, probabilmente è destinato a cadere in uno stato psicologico accostabile al delirium tremens. Unico stato possibile che gli possa permettere di sopportare i novanta minuti di allucinante visione.
Rifatto e strafatto: repetita (non) iuvant!
Nel 2000 Takashi Shimizu gira due film televisivi dal titolo Ju-on (1 e 2): è l'inizio della maledizione di Kayako che, ossessivamente, ciclicamente e con maniacale fissazione tormenta (non in senso positivo) l'appassionato di cinema horror.
Nel 2002, sempre lui (Shimizu) mette mano alla versione cinematografica di Ju-on 1 (Ju-on - Rancore): un copia incolla della versione TV, solo fatto con più mezzi. Nel 2003, stessa operazione per Ju-on 2 (Ju-on - La maledizione).
Sam Raimi ne resta incantato, al punto che si prodiga per produrre un reboot americano: già nel 2004 esce The grudge (protagonista Sarah Michelle Gellar), diretto da… Takashi Shimizu. Praticamente, una doppia copia carbone, ovvero il remake del remake di Ju-on 1 (il tutto, nell'arco di soli tre anni).
Dato che il pubblico (comprendendo anche lo scrivente), in tal caso patologicamente masochista, non manca, nel 2006 sempre con la sua Ghost house, Raimi produce The grudge 2, remake (con lievi variazioni) del remake di Ju-on 2; indovinate chi dirige? Facile come bere un bicchiere d'acqua: Takashi Shimizu che, a cominciare da questo punto in poi, ogni notte, certamente fin che vivrà, è tormentato da sogni animati da Kayako, e dal suo elettrizzante gorgogliamento.
Dopo una pausa di tre anni, il regista nipponico si ritrova a dirigere, direttamente per l'home video, The grudge 3, il peggiore in assoluto (per quanto possibile) del già pessimo lotto.
Tutta questa roba è arrivata anche in Italia, se non sui grandi schermi, in home video (i primi due Ju-on televisivi sono stati proposti in un cofanetto dvd, abbinati alla versione cinematografica).
Gli autori giapponesi, ormai in cortocircuito artistico, proseguono poi con: Ju-on: Shiroi rojo e Ju-on: Kuroi shojo (entrambi del 2009); Ju-on - Owari no hajimari (2014) e Ju-on: Za fairanu (2015). Questi ultimi quattro titoli, per fortuna, non sono mai approdati dalle nostre parti.
Senonché nel 2016 ci viene proposto, straight to video, il crossover La battaglia dei demoni, ovvero l'incrocio tra Ju-on e The ring. Un film di cui se ne sentiva un'indescrivibile necessità.
The grudge 2020, dopo qualche ingiustificata recensione entusiasmante, sull'imdb si attesta attorno alla media del 4, su una base di 6.000 voti.
E il bello di tutta questa storia è che, avendo ad oggi incassato -a poco più di un mese dall'uscita- quattro volte il costo sostenuto dalla produzione, non finisce certo qui. Del film di Nicolas Pesce è quasi scontato aspettarsi qualche sequel, prequel, crossover, re-re-remake e chi più ne ha, più ne metta!
Dopo aver fatto letteralmente il giro del Pianeta Terra, sarà il primo horror ad arrivare (dall'estero) quest'anno sui nostri grandi schermi (uscita annunciata per il 27/02/2020).
Non male come inizio, si prospetta un 2020 da… paura!
"La vita non è che un groviglio di rancori inestricabili." (Gao Xingjian)
F.P. 14/02/2020 - Versione visionata in lingua inglese
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