Regia di Francesco Amato vedi scheda film
A dirigere 18 regali è Francesco Amato, regista e sceneggiatore italiano. Dietro la macchina da presa sin da quando era studente del Dams, Amato ha realizzato il suo primo lungometraggio nel 2007 (Ma che ci faccio qui!), anche se il suo nome si è imposto nel 2011 grazie a Cosimo e Nicole. Regista di Lasciati andare, ha anche diretto l'apprezzata serie televisiva Imma Tataranni - Sostituto procuratore. Ha sottolineato a proposito di 18 regali: "Non mi era ancora capitato di fare un film che raccontasse di persone reali. Il coinvolgimento della famiglia di Elisa Girotto, la donna a cui si ispira il personaggio della protagonista di 18 regali, ha acceso in coloro che hanno lavorato a questo film un naturale, fortissimo, senso di responsabilità. Come se, oltre che per il pubblico, oltre che per i produttori e i colleghi, questo film fosse fatto anche per Elisa. Mi ha colpito e sono stati di grande stimolo il fermento e la vitalità nati attorno a una storia che nella sua sostanza racconta l'elaborazione di un lutto. Fin dall'inizio l'intenzione della scrittura, in cui abbiamo deciso di coinvolgere anche Alessio Vicenzotto, che ci ha fornito la chiave per entrare nel mondo nascosto di Elisa, è stata quella di andare oltre la cronaca del lutto. Quando abbiamo scelto di raccontare la storia d'amore tra Elisa e sua figlia Anna, una storia impossibile poiché la madre non sopravvive alla malattia, ci siamo dovuti porre la domanda: si può fare un melodramma senza un abbraccio? Senza un incontro? Tra due personaggi lontani nel tempo? Ebbene sì, grazie al cinema si può fare. Credo che questo film intercetti lo specifico del cinema, la sua vocazione più alta: dominare il tempo, vincerlo, per restituire ai personaggi quell'incontro che la realtà ha reso impossibile. Forse un giorno Anna, che oggi ha solo tre anni, vedrà questo film e anche se non sarà la stessa cosa, percepirà l'abbraccio di sua madre. Ma non solo lei. Credo che 18 Regali sia un film universale e che ciascuno di noi possa sentirsi investito dall'emozione di una storia che tocca i temi dell’amore, della perdita, del tempo che divide".
"Elisa e Alessio - ha continuato Amato - vivevano in provincia. Avevano appena terminato di costruire una villetta quando Elisa scoprì di essere incinta, e da lì a poco di essere malata. L'ambientazione in una provincia italiana - di cui nel film non dichiariamo l'identità - è particolarmente importante per la definizione dei personaggi e delle loro relazioni. Si tratta di un luogo raccolto e dal carattere operoso e pragmatico. Il luogo perfetto per progettare il futuro della propria famiglia, dal punto di vista di Elisa. Un luogo opprimente da cui scappare, per Anna a 18 anni. Elisa e Anna si incontreranno proprio lì. Con due idee diverse su quella provincia, e sulla vita. Per rappresentare questo mondo abbiamo scelto un quartiere di un piccolo paese della provincia di Bergamo, Crespi d'Adda: un ex villaggio operaio di inizio Novecento, patrimonio dell'Unesco, che nella nostra percezione rappresenta la declinazione italiana della classica villetta a schiera anglosassone, del villino unifamiliare - quello aperto sul viale alberato, privo di muro di cinta - tipico della provincia americana. E se quella che stiamo raccontando è una storia universale, una storia che potrebbe accadere ovunque, il riferimento ad ambienti che ci ricordano la provincia americana e la sua rappresentazione cinematografica contribuisce ad affondare in un immaginario comune ad ogni spettatore. La chiave, nella ricerca delle location, è stata questa: una provincia profonda dove ad emergere non è tanto il paesaggio fisico, quanto piuttosto il paesaggio umano ed emotivo".
Ha poi aggiunto a proposito del trio di attori protagonisti: "Non è stato difficile percepire negli attori che ho scelto per i ruoli principali l'energia, la dedizione, la voglia di abbandonarsi a questi personaggi. Li ho scelti per il loro talento, per la loro fotogenia, ma soprattutto perché ho sentito in loro un moto di generosità verso la storia. Tra le cose che ho chiesto loro ce n'è stata una che forse è la più importante per capire il lavoro che ho voluto fare: mai lavorare di sottrazione. Mai sottrarsi alle emozioni che la storia dispone, viverle pienamente senza riserve. Solo allora ho potuto dire: fine scena. Vittoria Puccini ed Edoardo Leo sono una coppia affiatata e complice. Una famiglia che ribalta il disegno classico: dei due, lei è quella che lavora, quella pragmatica e volitiva, lui ha grandi sogni ma poca concretezza. La malattia - con l'avvento di Anna - sconvolge le loro meccaniche consolidate. Benedetta Porcaroli, con il suo sguardo ribelle e l'atteggiamento scostante, appare tanto diversa da Vittoria, così da produrre quello scontro tipico di madre e figlia. Ma l'attrazione per la madre mai conosciuta la spinge ad approfondire quell'incontro magico, e insieme a lei a definire un'identità diversa e finalmente adulta. Oltre ai nostri tre protagonisti, il cast si compone di attori formidabili che abbiamo scelto con cura, poiché penso che questo film sia prima di tutto un film di attori, dove è la recitazione che fa il personaggio, piuttosto che la semplice osservazione naturalistica dell'interprete. Va da sé, dunque, che è stata la macchina da presa a muoversi in base all'attore, piuttosto che il contrario. Al centro del mio lavoro c'è sempre "la prova" dell'attore, attorno a cui si muove ogni aspetto del set".